La corilicoltura tradizionale si basa sull’adozione di forme di allevamento volte ad assecondare il naturale sviluppo cespuglioso della pianta. Questa modalità di gestione prevede la selezione di un numero variabile di branche che andranno a formare la chioma, approccio che risulta tutt’ora ampiamente diffuso in alcuni dei principali Paesi produttori come Italia, Spagna, e Turchia con alcune variabili strutturali (cespugli allevati ad oak). Al contrario, altri contesti corilicoli, come quello statunitense, francese e cileno, si caratterizzano per modelli di gestione della chioma orientati alla completa meccanizzazione delle operazioni colturali, esigendo delle forme di allevamento monocaule, come il vaso cespugliato e l’alberello. Tra l’altro, i modelli monocaule si stanno diffondendo rapidamente anche in ambienti corilicoli storici, dove il cespuglio policaule ha rappresentato le tradizioni corilicole locali.
In questo contesto è stata condotta una prova sperimentale nel Viterbese, con l’obiettivo di valutare nuove soluzioni di impianto e forme di allevamento finalizzate all’intensificazione del corileto. In particolare, lo studio ha previsto la valutazione di tre diverse forme di allevamento (cespuglio regolare a quattro branche – tesi A; alberello o tronco singolo – tesi B; cespuglio policalue tradizionale – tesi C), applicate su giovani piante della cultivar Nocchione (Figura 1). Le diverse forme di allevamento sono state testate per determinarne la produzione di nocciole in guscio per pianta, l’efficienza produttiva (EP) e le caratteristiche carpologiche delle nocciole per quattro stagioni produttive consecutive (2020-2023).

Produzione per pianta
Il periodo di studio è stato caratterizzato durante la stagione 2021 da un evento climatico avverso. Più precisamente, all’inizio del mese di aprile si è verificata una gelata tardiva (temperatura minima raggiunta di – 8°C per due notti consecutive) che ha provocato la perdita dell’intera produzione stagionale, impedendo di fatto l’acquisizione dei dati per l’anno in esame.
Complessivamente, le piante allevate ad alberello monocaule (tesi B) sono state le più penalizzate dagli interventi di potatura, necessari per l’impostazione iniziale della forma di allevamento selezionata, eseguita alla terza foglia in campo, registrando produzioni piuttosto contenute durante l’intero periodo di studio (Figura 2). In particolare, durante le stagioni 2022 e 2023, le performance produttive delle tesi A e C tendevano ad equivalersi, evidenziando delle produzioni per pianta generalmente doppie rispetto a quelle rilevate per la tesi B.
La stagione produttiva 2023, contraddistinta dal raggiungimento della piena maturità produttiva delle piante, ha registrato i valori massimi di produzione (circa 5 kg di nocciole in guscio per pianta) per le tesi A e C.

Efficienza produttiva
L’efficienza produttiva (EP) è un parametro ottenuto dal rapporto tra produzione per pianta e sezione trasversale del tronco misurata a 30 cm dal suolo (kg cm-2) e fornisce un’indicazione generale sulla capacità delle piante di utilizzare i prodotti derivanti dal processo di fotosintesi.
Le piante allevate ad alberello (Figura 3) hanno mostrato per l’intero periodo di studio i valori più elevati di EP, generalmente compresi tra 0,06 e 0,07 kg cm-2, a differenza delle altre due tesi, caratterizzate da valori sempre inferiori alla soglia di 0,05 kg cm-2. Questi risultati suggeriscono che le piante allevate ad alberello, seppur caratterizzate da produzioni per pianta generalmente contenute, si contraddistinguono per una maggiore efficienza nel destinare i fotosintetati verso il processo produttivo.

Tratti carpologici delle nocciole
La resa in sgusciato, determinata dal rapporto tra peso del seme e peso della nocciola, è un parametro di fondamentale importanza per la valorizzazione del prodotto e la successiva commercializzazione. Complessivamente, le tesi A e B hanno mostrato le rese maggiori, superiori al 38%, a differenza della tesi C, in cui è stato registrato un valore medio del 36%. Inoltre, la tesi A (cespuglio regolare a quattro branche) si è distinta per la produzione di nocciole con la minore incidenza di difetti commerciali, evidenziando una media prossima al 90% di nocciole prive di difetti, a differenza delle altre tesi in cui l’incidenza è risultata maggiore.
Conclusioni
Sulla base dei risultati quadriennali relativi alla performance produttiva e qualitativa della cultivar Nocchione, allevata con forme di allevamento differenti, è possibile affermare che la forma di allevamento più adatta ad un contesto di intensificazione del noccioleto in ambiente viterbese, con una densità di impianto superiore alle 700 piante ad ettaro, come nel caso studio (sesto di impianto di 4,5 m x 3 m), è il cespuglio regolare a quattro branche (tesi A). La maggiore produttività riscontrata nelle piante allevate con questa forma di allevamento potrebbe essere attribuita a una chioma meno densa e più aperta rispetto alle altre due tipologie adottate, conformazione che avrebbe favorito una maggiore aereazione e penetrazione di luce nella porzione più interna della pianta. Inoltre, tale forma di allevamento tende a favorire una gestione fitosanitaria del corileto più efficacie a seguito di una più uniforme distribuzione dei prodotti sulla chioma dei noccioli.
Ringraziamo Alberto Pacchiarelli e Valerio Cristofori per questa sintesi del lavoro completo che può essere scaricato a questo link: https://doi.org/10.3390/agronomy15020345
Influence of the Plant Training System on Yield and Nut Traits of European Hazelnut (Corylus avellana L.) Cultivar Nocchione
Alberto Pacchiarelli, Cristian Silvestri, Massimo Muganu and Valerio Cristofori
Department of Agriculture and Forest Sciences (DAFNE), University of Tuscia, Via San Camillo de Lellis snc,
01100 Viterbo, Italy; alberto.pacchiarelli@unitus.it (A.P.); silvestri.c@unitus.it (C.S.); muganu@unitus.it (M.M.); valerio75@unitus.it (V.C.)
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Pubblicato 01-04-2025