Come tutti sanno, il nocciolo è specie tartufigena per eccellenza. La simbiosi con questi ricercati funghi ipogei è molto importante perché migliora lo sviluppo della pianta attraverso la maggior assunzione di acqua e sostanze nutritizie dal terreno. In questi anni di scarsi raccolti di nocciole la possibilità di ricavare un secondo reddito dai tartufi significherebbe altre entrate utili ad arrotondare gli scarni bilanci di tante aziende corilicole in difficoltà.

Ma come si può capire se un determinato terreno è adatto sia alla coltivazione del nocciolo che alla produzione di tartufi e soprattutto è possibile una gestione del corileto che consenta un doppio raccolto?
L’IPLA (Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente) ha redatto per conto della Regione Piemonte una carta di attitudine delle terre del Piemonte alla coltivazione del nocciolo e alla produzione dei tartufi neri. Per saperne di più abbiamo intervistato il dr. Igor Boni, responsabile dell’Area tecnica territorio e agricoltura dell’IPLA.

Cosa sono le carte di attitudine delle terre?
L’attitudine delle terre (Land suitability) è una metodologia messa a punto dalla FAO che consente di interpretare i dati di base delle carte dei suoli, per realizzare cartografie derivate per specifici utilizzi del suolo. Sono decenni che questa metodologia si utilizza in tutto il mondo per dare concretezza alla conoscenza delle qualità e delle proprietà del suolo.
Se una carta dei suoli rischia di essere uno strumento molto difficile da consultare per i non addetti ai lavori, le carte di attitudine sono invece facilmente comprensibili giacché suddividono il territorio in 4 classi principali: “molto adatto”, “mediamente adatto”, “poco adatto” e “non adatto”. In Piemonte questa metodologia è stata utilizzata per molteplici colture agrarie: dal grano al girasole, dal mais alla praticoltura permanente o al riso e in ambito forestale e per l’arboricoltura da legno per individuare i terreni maggiormente adatti alla farnia, al ciliegio o al pioppo.
In particolare quella di attitudine delle terre del Piemonte alla coltivazione del nocciolo e alla produzione dei tartufi neri redatta dall’IPLA a cosa serve?
L’IPLA dalla sua fondazione nel lontano 1979 si occupa attivamente di tartufi a 360°. Dalla produzione vivaistica al controllo delle micorrizazioni, metodologie oggi consegnate nelle mani dei vivai piemontesi, fino alla gestione del soprassuolo e del suolo per il mantenimento o incremento delle produzioni. Una delle branche di ricerca maggiormente attive è proprio quella delle carte di attitudine dei suoli alla produzione dei tartufi. Carte specifiche per le tre specie di maggiore interesse commerciale: il tartufo bianco pregiato (Tuber magnatum), il nero pregiato (Tuber melanosporum )e il nero scorzone (Tuber aestivum).

Si tratta di strumenti messi a punto per tutta l’area di pianura e collina della regione a scala 1:50.000 che hanno avuto proprio di recente, nel 2025, un aggiornamento reso disponibile sul Geoportale della Regione Piemonte. Le carte non dicono dove si possono trovare i tartufi ma identificano le aree che, per suolo e caratteristiche geomorfologiche, sono più o meno adatte alla produzione. Serve poi che vi siano alberi simbionti, una gestione accurata e un clima favorevole e che l’urbanizzazione sia tenuta sotto controllo.
La sfida piemontese è oggi individuare se vi siano aree nelle quali le attitudini positive per la coltivazione del nocciolo e dei tartufi neri coincidano e possano consentire di immaginare impianti a doppia produzione: nocciole e tartufi.
Quindi è possibile produrre nocciole e contemporaneamente dallo stesso noccioleto raccogliere tartufi?
In linea teorica è certamente possibile dato che il nocciolo è una buona specie simbionte in particolare per i due tartufi neri. Ad oggi l’IPLA ha reso disponibile una cartografia a scala 1:250.000, quindi di natura regionale e poco adatta alla pianificazione concreta, che comunque individua le aree potenzialmente più adatte per la doppia produzione. Il fatto che alcuni vivai specializzati già oggi vendano piantine micorrizate con doppia attitudine dimostra che un mercato è già presente e che si tratta di una opportunità da approfondire dal punto di vista scientifico, tecnico ed agronomico.
Quali sono i tartufi che si possono ottenere dal nocciolo coltivato?
Il nocciolo è specie simbionte per tutti e tre i tartufi che abbiamo citato (bianco pregiato, nero pregiato e scorzone) ma sono i due tartufi neri a farla da padrone con questa specie che è da considerare marginale per il tartufo bianco. Inoltre, giova ricordarlo, sono proprio i due “neri” che sono coltivabili nel senso comune del termine, come ci insegnano le grandi aziende del centro-Italia che hanno produzioni assai rilevanti di questi funghi ipogei.
Ci sono dati relativi alla produzione di tartufi neri da parte di noccioleti coltivati?
Nelle tartufaie coltivate a tartufo nero del centro Italia si raggiungono ragguardevoli produzioni. Con 500 piante circa ad ettaro dal sesto anno in poi inizia la produzione di corpi fruttiferi (il tartufo che raccogliamo è il frutto del fungo ipogeo) che arriva dopo il decimo anno anche a oltre 30Kg/ettaro per il nero pregiato e oltre il doppio e fino al triplo per il nero scorzone. Il nocciolo, a differenza delle querce, porta a produzione anticipata i tartufi che però possono avere quantitativi annuali minori.
Perché non è possibile ottenere tartufi bianchi nonostante questi siano notoriamente simbionti anche del nocciolo?
In linea di massima si potrebbero ottenere ma occorre precisare che il Tuber magnatum è una specie molto più esigente rispetto alle altre due e, ad oggi, non si riesce a coltivare nel senso comune del termine anche se è provato che vi siano azioni di natura agronomica che ne favoriscono l’incremento della produzione e delle pezzature. Non si può escludere a priori che in alcune occasioni possa trovarsi il “bianco” in un noccioleto coltivato ma non vi è dubbio che sono i due “neri” (lo scorzone in particolare) che nella nostra regione hanno potenzialità ben maggiori per raggiungere la doppia produzione di cui parliamo.
Dalle cartine a scala 250.000 si riesce solo ad avere un’idea di massima sulla ubicazione dei terreni a doppia attitudine ma non è possibile individuarli dettagliatamente. E’ possibile realizzare uno strumento più di dettaglio?
Stiamo lavorando proprio in questi mesi ai primi fogli della carta regionale a scala 1:50.000 che individueranno le aree migliori per la doppia attitudine e che potranno fornire indicazioni utilizzabili per andare concretamente verso questa ipotesi. L’incognita maggiore è tuttavia quella delle pratiche agronomiche che non necessariamente sono adatte ad entrambe le produzioni. Qui gli interrogativi sono ancora molti e dovremo dare risposte insieme a chi si occupa di coltivazione del nocciolo e di tartufi per trovare compromessi utili ad entrambe le produzioni. La consegna dei primi risultati all’Assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte è prevista per la fine del 2025.
Le piantine di nocciolo micorrizate coi tartufi neri possono essere reperite presso Vivai Nicola e Nocciolo Service (n.d.r.)
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Pubblicato 19-09-2025