Lotta integrata per contrastare la diffusione della cimice asiatica. È quanto propone C.P.N. – Cooperativa Produttori Nocciole per arginare l’insetto alieno negli areali corilicoli del Lazio, mettendo in condizione i produttori di continuare a investire su questa coltura. La proposta è stata avanzata dalla cooperativa durante l’audizione presso il Consiglio Regionale del Lazio dedicata alle problematiche della corilicoltura, durante il quale è stato deciso di istituire un tavolo permanente sulla corilicoltura che si è riunito anche il 25 novembre. NocciolaRe ha fatto il punto della situazione con l’agronomo Gianluca Santinelli, tecnico di CPN.
Cimice asiatica nella Tuscia, danni e strategie
“La cimice asiatica nella Tuscia sta manifestando da qualche anno i suoi effetti negativi. Quelli maggiori si sono visti nel 2023, con una grandissima presenza di cimiciato, il danno più diretto – illustra Santinelli -. Nel 2024 il danno della cimice è stato leggermente più contenuto, ma si sono osservati danni indiretti: si è infatti iniziata ad avere una grande presenza di avariato, complice le condizioni climatiche sfavorevoli. Ci sono state piogge intense nel periodo della raccolta, le nocciole danneggiate dalla cimice sono state le prime ad andare incontro a questo fenomeno. Un danno che comporta il deprezzamento e quindi un impatto ancora maggiore rispetto al cimiciato”.
Il punto, quindi, è cosa fare. C.P.N. è convinta che la soluzione a lungo termine sarà quella dell’introduzione dell’insetto antagonista, cioè la vespa samurai. Un’attività che è già partita grazie al contributo di Enea, dell’Arsial, dell’Università di Viterbo e della Regione Lazio: i primi lanci sono stati eseguiti, ma qui entra in gioco il fattore tempo.
“L’esperienza del Piemonte ci mostra che serve tempo per vedere gli effetti positivi dei lanci, parliamo di 4-5 anni prima di avere tassi di parassitizzazione tali da contenere la cimice asiatica – argomenta l’agronomo -. In questa fase gli agricoltori continuano a vivere tutte le problematiche della cimice e dei cambiamenti climatici”.
Problematiche che si riflettono in una diminuzione delle rese a ettaro. Negli ultimi quattro anno lo scenario produttivo nella Tuscia non è stato dei più rosei. “Dalla gelata del 2021 ad oggi abbiamo assistito a un calo di produzione costante, nell’ordine del 40% rispetto al pieno potenziale – aggiunge il tecnico C.P.N. -. Normalmente si raggiungevano 30/35 quintali a ettaro, oggi è difficile arrivare tra i 22 e i 25. Nell’ultima campagna eravamo partiti bene, ma poi ci siamo assestati tra i 18 e i 20 quintali a ettaro: molte aziende sono state davvero penalizzate, anche se il prezzo c’è, parliamo di una media di 7,70 euro a punto resa che darebbe una quotazione sui 300 euro al quintali, sono le quantità a non essere adeguate”.
Cosa serve fare nella lotta alla cimice asiatica
Il focus sulla situazione in campagna è doveroso per entrare nel merito della produzione con lotta integrata. “Ci sono Regioni vicine a noi che l’hanno inserita nei Psr, cosa che la Regione Lazio finora non ha fatto – osserva Santinelli -. Molte aziende si auto inseriscono nel regime a proprie spese, ricordiamo che la certificazione della produzione integrata ha un costo. Lo fanno perché c’è la volontà di avere un impatto minore a livello ambientale. La lotta integrata prevede tre trattamenti massimi, concimazioni solo quando necessario e con analisi del terreno e relazione dei tecnici abilitati che certificano i dosaggi. L’inserimento della lotta integrata nel Psr potrebbe quindi portare a un contributo di cinque anni per le aziende che aderiscono, premiandole per l’impegno preso. Un contributo che, sommati agli altri in essere, darebbe un aiuto concreto nei cinque anni che servono prima di avere i risultati dei lanci della vespa samurai, continuando a investire nella sostenibilità in corilicoltura”.
La produzione integrata nel Psr avrebbe quindi un duplice effetto. Quello di salvaguardare l’ambiente, mantenendolo salubre per la diffusione della vespa samurai, e quello di sostenere il produttore corilicolo nelle spese che affronta.
La palla passa alla Regione Lazio
La Regione Lazio ha aperto su questa proposta e ha preso atto della necessità evidenziata dalle Op e dalle associazioni di categoria. Ora il punto vero è rappresentato dalle tempistiche per arrivare ad inserire la produzione integrata del nocciolo nel Psr.
“In Lazio abbiamo 26mila ettari di nocciole, di cui 22/23mila in produzione e una certa percentuale già in regime biologico – dice Santinelli -. Stimiamo che possano essere interessati alla misura circa 10mila ettari. Ipotizziamo un contributo di 500 euro a ettaro e quindi l’impegno complessivo sarebbe di circa 5 milioni di euro: risorse che si possono trovare e che rappresentano anche uno strumento verso la transizione al bio. Continueremo a spingere per questa soluzione, stimolando allo stesso tempo il lancio di nuove coppie di vespa samurai, in modo da intensificare i siti di lancio”.
“Abbiamo riscontrato le disponibilità di Enea, Arsial e Università di Viterbo, ma servono le risorse – conclude Gianluca Santinelli -. Le stesse Op si sono proposte di finanziare lanci dove necessari, in modo da permettere una migliore diffusione dell’insetto antagonista della cimice asiatica”.
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Pubblicato 25-11-2024