Ci informa Federico Spanna, agrometeorologo della Regione, che “In Piemonte nel 2021 il deficit di precipitazioni è oscillato dal 20 al 50% rispetto alla media, mentre nel 2022 dal 50 al 70% a seconda delle località. Il tutto aggravato da lunghi periodi di temperature eccezionalmente elevate che hanno accentuato lo stato di sofferenza delle piante”.
Il problema non esiste solo al nord ma ha assunto una dimensione nazionale, a tal punto che il governo ha recentemente costituito un’unità interministeriale per la gestione della crisi idrica.
Per far fronte a questa situazione occorre una diversa consapevolezza nell’uso dell’acqua per gestirla al meglio ed evitare gli sprechi.
Anche per colture tradizionalmente asciutte e tipiche dei terreni non irrigui, come il nocciolo, si presenta la necessità di ricorrere all’irrigazione, per lo meno nelle aree dove per la disponibilità dell’acqua è possibile impiegare i moderni sistemi irrigui a basso consumo. Così, sempre più frequentemente, i nuovi impianti vengono dotati di sistemi di microirrigazione.
Negli ultimi sette anni le superfici a noccioleto sono aumentate a livello nazionale di oltre il 32% e sempre di più in terreni potenzialmente irrigabili. Ma c’è e ci sarà acqua a sufficienza? L’ attuale rete di adduzione è in grado di assicurare un adeguato apporto, pur tenendo conto che i moderni sistemi non richiedono grandi volumi, anche se le aree da raggiungere non sono poche e sovente mal servite?
A questo proposito abbiamo intervistato il dr. Vittorio Viora di Bastide, che, per il suo ruolo di Vicepresidente nazionale e Presidente regionale dell’ANBI – Associazione Nazionale dei Consorzi di Bonifica e Irrigui, gode di un punto di vista privilegiato.
Cosa significa avere una diversa consapevolezza nell’uso dell’acqua?
Gli effetti dei cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti. Cambia la distribuzione nonchè la quantità delle precipitazioni e in certi areali l’acqua sta diventando un bene limitato, mentre contemporaneamente aumenta la richiesta da parte di tutti i settori produttivi. Per rispondere adeguatamente alle sfide poste da questo nuovo stato di cose occorre un cambio di mentalità. Più precisamente bisogna che si ristabiliscano le priorità nell’impiego di questa risorsa, perché, se è fuor di discussione che l’uso idropotabile debba essere prioritario, è altrettanto vero che l’agricoltura non può essere trattata come se fosse la cenerentola.
Dottor Viora, qual è attualmente lo stato del sistema irriguo piemontese?
Il Piemonte vanta grandi tradizioni storiche in materia irrigua. Basti citare l’esempio del canale Cavour, concepito e voluto dal grande statista. La disponibilità di acqua proveniente dalle Alpi ha consentito la realizzazione di una vasta e capillare rete di canali gestita da oltre 400 consorzi irrigui di miglioramento fondiario, un numero eccessivo che determina non pochi problemi di governance. Attualmente si prospetta da parte della Regione Piemonte un riordino accompagnato da una fase di aggregazione per i consorzi che insistono sulla stessa asta fluviale; parallelamente è in atto una discussione se trasformare i consorzi irrigui piemontesi da miglioramento fondiario a bonifica, destando non poche perplessità nell’ambiente agricolo.”
Il 2022 è stato particolarmente caldo e asciutto e, secondo alcuni scienziati, gli anni futuri potrebbero essere peggiori. In sostanza lo scenario potrebbe diventare drammatico a breve. Occorre mantenere efficiente l’attuale rete irrigua e potenziarla, realizzando tempestivamente interventi infrastrutturali per evitare che l’acqua caduta dal cielo venga sprecata, quando è poca, o crei disastri, quando è troppa. Quali sono a questo proposito le soluzioni e le iniziative da intraprendere?
Se il regime delle precipitazioni non cambia la prospettiva è molto preoccupante, perché l’acqua potrebbe mancare non solo per i campi ma anche per gli usi idropotabili delle grandi città. La soluzione consiste nel realizzare nuovi invasi come si faceva un tempo e come fanno attualmente gli altri paesi.
Esistono però molti problemi da superare e di vario ordine: finanziario, tecnico, burocratico ma soprattutto psicologico da parte dell’opinione pubblica, tuttavia le potenzialità sono enormi, se si tiene conto che attualmente in Italia stocchiamo soltanto l’11% dell’acqua piovana.
In molte zone le precipitazioni annuali potrebbero essere ancora sufficienti, ma è cambiata la loro distribuzione e hanno sempre più l’aspetto di vere e proprie bombe per cui l’acqua non viene assorbita dai terreni e scende rovinosa a valle, senza rimpinguare le falde. Grazie alla creazione di nuovi invasi potremmo avere delle riserve per i periodi asciutti e contemporaneamente prevenire le alluvioni e il dissesto idrogeologico.
La soluzione migliore è rappresentata dai grandi invasi, i soli in grado di fornire acqua sufficiente per tutti gli usi. Questo tipo di bacini inoltre può avere una polifunzionalità molto utile per il territorio in cui sono inseriti, perché all’uso idropotabile si aggiungono quello agricolo, idroelettrico e anche ludico, grazie al richiamo turistico.
La realizzazione dei grandi invasi però richiede tempi molto lunghi mentre noi dobbiamo trovare una soluzione in tempi brevi. A questo proposito l’Associazione Nazionale dei Consorzi di Bonifica e Irrigui ha avanzato a livello nazionale la proposta di creare una serie di mini invasi che sono sicuramente utili a livello aziendale e di piccoli comprensori. Verosimilmente è questa la soluzione più idonea anche per il contesto corilicolo soprattutto nelle zone collinari.
La moderna tecnologia come può venirci incontro?
Di grande interesse sono i moderni sistemi di microirrigazione che consentono di ottimizzare l’uso dell’acqua. Si tratta però di ottime soluzioni per gli ortaggi e le colture arboree come il nocciolo e gli altri fruttiferi, ma che hanno scarsa applicabilità sulla maggior parte delle coltivazioni erbacee.
Potenzialmente molto promettente è anche la ricerca agronomica, soprattutto nella selezione di varietà più resistenti agli stress idrici e termici, facendo ricorso anche alle moderne metodiche genetiche non OGM.
Le risorse finanziarie rappresentano un fattore limitante per la conservazione e il rilancio della rete irrigua. Possiamo aspettarci qualcosa di buono a questo proposito dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)?
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza renderà disponibili circa 800 milioni di euro per il sistema irriguo, ma solo per la manutenzione e la riparazione della rete attuale, non per le nuove infrastrutture. Sicuramente sarà molto utile per ottimizzare le performances del nostro sistema irriguo, penalizzato da perdite talora anche importanti lungo la rete di distribuzione, ma non darà un contributo essenziale alla soluzione della crisi in atto.
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Pubblicato: 10-03-2023