Dove sta andando la corilicoltura piemontese?

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Il 2024 ha rappresentato in generale una pessima annata per le nocciole piemontesi. Molti corilicoltori non hanno neanche raccolto per non aumentare i già notevoli costi di produzione sostenuti e l’eccezionalità della situazione è già stata ampiamente documentata sui vari canali di informazione, compresa la televisione. Non vogliamo qui ripetere i contenuti di dichiarazioni e i commenti che sanno un po’ di “atto dovuto” da chi deve tenere le parti dei produttori e per questo abbiamo pensato di rivolgerci direttamente ad alcuni di loro.

Abbiamo quindi intervistato Fabio Bellero che, oltre ad essere un produttore nel Monferrato, è anche amministratore di uno dei più seguiti gruppi Facebook dedicati al nocciolo, La nocciola del Piemonte & Friends, che rappresenta pertanto un osservatorio privilegiato per conoscere lo stato d’animo dei corilicoltori piemontesi e non solo.

Insieme a lui abbiamo voluto sentire Fabio Borgatta anche lui esperto corilicoltore.

Dopo alcuni anni particolarmente difficili dove sta andando la corilicoltura piemontese? In questo contesto  quale dovrebbe essere a vostro avviso il ruolo degli enti pubblici, delle istituzioni, della ricerca e dell’industria trasformatrice?

Noi produttori abbiamo la percezione che il progetto nocciola in Piemonte sia gestito senza un’idea organica e un marketing efficace.

Sentiamo forte l’esigenza di una formazione tecnica adeguata rivolta a tutti che consenta di far fronte alle continue sfide poste dai cambiamenti climatici e dai mercati. Manca anche  la comunicazione da parte dell’industria trasformatrice che dovrebbe motivare e nello stesso tempo pure fungere da indirizzo e stimolo critico nei confronti degli altri protagonisti della filiera in primis i ricercatori, che sovente non sanno dare risposte utili ai sempre nuovi problemi tecnici posti dai cambiamenti climatici,  come anche nei confronti degli Enti del territorio come la Regione, a cui competerebbero la programmazione del settore e gli interventi di sostegno.

I nostri impianti da anni sono  deteriorati da condizioni climatiche difficili che li hanno resi sensibili ad attacchi di funghi e insetti come citospora, agrilo, scolitidi, cocciniglie, cimici e muffe.  Nei confronti di queste avversità noi non disponiamo, a differenza dei produttori di altri paesi nostri concorrenti, di fitofarmaci efficaci per contrastarle. Come si può in queste condizioni produrre quantità e qualità?

C’è poi anche il problema dello smaltimento del materiale di risulta della potatura delle piante infette che non può essere bruciato prima del 15 di aprile e così sovente rimane per mesi ai bordi dei campi, causando pericolose reinfezioni da parte di funghi e insetti.

Buona l’idea di erogare aiuti per i reimpianti, ma se non si dà una soluzione ai tanti problemi ancora aperti, i produttori, completamente demoralizzati e privi di risorse finanziarie, difficilmente aderiranno!

Infine non possiamo trascurare quello che in realtà è il più importante dei problemi: il prezzo alla vendita. Molti nostri amici e colleghi vivono sulle nocciole e molti di loro hanno fatto pure mutui e debiti per comprare le attrezzature o altro. Se non si daranno risposte efficaci alle tante questioni tecniche ed economiche aperte, molti saranno costretti a chiudere, come qualcuno purtroppo ha già cominciato a fare. 

In Piemonte disponiamo di una varietà di altissima qualità come la Tonda Gentile Trilobata, ma da tutti giudicata essere piuttosto delicata e conseguentemente poco resiliente e particolarmente esposta agli effetti dei cambiamenti climatici che stanno diventando la normalità anno dopo anno. Qualcuno sta iniziando a pensare alla possibilità di orientarsi verso altre varietà possibilmente più produttive come Giffoni o Tonda Francescana, all’uso di portainnesti, ecc. Quale è il vostro pensiero al riguardo?

Vediamo molto immobilismo in Piemonte. Tutti sono convinti che abbiamo la nocciola più buona del mondo, ma alla prova dei fatti la Tonda Gentile Trilobata in questi ultimi anni ha conosciuto molti problemi sia di produzione che di mercato. D’altro canto dalla ricerca non sono ancora venute nuove varietà sufficientemente collaudate nei nostri areali e gli agricoltori sono costretti a sperimentare a loro spese per poi, come è ovvio, tenere gelosamente per sé i risultati conseguiti. Questo, ad esempio, potrebbe essere il caso della selezione Tonda di Biglini da alcuni ritenuta una valida alternativa, ma di cui nessuno parla.

Oltre alle azioni di lungo periodo di cui abbiamo già accennato, come ad esempio il miglioramento genetico, cosa si potrebbe fare a vostro avviso nel breve periodo per risollevare la corilicoltura piemontese?

I problemi in attesa di risposta sono tanti e sono sotto gli occhi di tutti gli operatori della filiera. Noi vorremmo portare l’attenzione su un aspetto che riteniamo fondamentale per sostenere il futuro del nocciolo nella nostra regione, quello dei reimpianti. Il clima disastroso degli ultimi ha devastato una quantità notevole di vecchi impianti che richiedono un rinnovamento. In questo momento sarebbe fondamentale sapere quale varietà piantare come anche conoscere gli effetti dell’innesto su piede non pollonifero nei confronti della produttività delle diverse cultivar e del volume delle piante.

Siamo convinti che questo metodo di moltiplicazione sarà più che mai fondamentale in un futuro  sempre più secco e caldo, perché l’alternativa rappresentata dalla microirrigazione, oltre ad essere molto costosa, è fortemente limitata dalla scarsa diponibilità di acqua delle zone corilicole più vocate.

Quali altre criticità di rilevante interesse regionale ritenete opportuno segnalare?

Riteniamo del tutto insufficienti le politiche di controllo e contenimento della fauna selvatica finora condotte dalle Autorità competenti. Anche in questo caso urge un cambio di passo da parte della politica. Per risolvere il problema bisogna procedere prima di tutto ad un’analisi seria del problema che produca risultati certi e validati da utilizzare   per una corretta valutazione  economica dei danni prodotti. Questi poi non sono solo economici, visti i numerosi incidenti stradali sovente con gravissime conseguenze per gli automobilisti. Si avrà così una reale visione della dimensione del problema e, a nostro avviso, si potranno così giustificare azioni più energiche di contenimento, mettendole anche al riparo dai ricorsi legali come quelli avvenuti in passato.

Prossimamente intervisteremo anche Riccardo Antonuccio, agronomo consulente corilicolo, per raccontarci la sua esperienza nei paesi corilicoli d’oltre oceano da lui visitati. In Oregon  ha conosciuto un modello  di rapporto tra produttori, industria trasformatrice  e ricercatori universitari del tutto particolare e virtuoso che ha consentito alla corilicoltura di quel paese di risolvere gravissimi problemi come quello dell’Eastern Filbert Blight (EFB), un fungo che in pochi anni uccide completamente le piante di nocciolo.

In questa occasione gli abbiamo chiesto di farci qualche anticipazione su come in quel paese  l’università, l’industria e gli agricoltori collaborino tra di loro.

Una delle cose che più mi hanno impressionato della corilicoltura in Oregon è stata la grande fiducia che gli agricoltori hanno verso l’università, che si concretizza col finanziamento diretto dei progetti di ricerca anche da parte dell’industria trasformatrice. Essa viene ricambiata dall’università stessa con il rilascio di nuove cultivar sempre più valide e adatte a ogni tipo di finalità produttiva e con un continuo sostegno ai produttori, grazie a numerosi incontri e giornate formative in campo. Sembrerà utopico, ma ogni anno l’università rende conto agli agricoltori dei progressi fatti, delle difficoltà incontrate e li rende partecipi di tutti gli step della ricerca.  

Copyright: NocciolaRe
Pubblicato 18-10-2024

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