Anche in Italia aumentano le manifestazioni dell’oidio del nocciolo da Erysiphe corylacearum

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Dopo aver pubblicato di recente un aggiornamento sui danni che il mal bianco da Erysiphe corylacearum sta causando sul nocciolo in Turchia (leggi qui) abbiamo raccolto alcune informazioni sulla situazione di questa malattia nelle tre principali aree di coltivazione in Italia.

Per il Piemonte abbiamo intervistato Maria Corte, tecnica corilicola di Agrion, la fondazione che coordina i servizi di assistenza aziendale delle Organizzazioni professionali e delle Associazioni dei produttori. In Piemonte è stata infatti istituita, con il coordinamento di Agrion, una rete permanente per il monitoraggio di questo mal bianco a partire dalle aziende dove era comparso nel 2020.

“A tutt’oggi da tutto il territorio regionale”, ci riporta Maria Corte, “si segnala un solo caso in provincia di Biella a carico di una pianta dove i sintomi dai polloni si sono estesi alla chioma.
I tecnici sono impegnati anche a verificare gli eventuali effetti contro questo oidio prodotti dai trattamenti con zolfo effettuati nel mese di aprile contro l’eriofide”.

Per la Campania è Francesco Napolitano, responsabile tecnico della OP Cerere, a fornirci il quadro della situazione: “anche quest’anno, come già nel 2020, sin dalla fine del mese di aprile, i corilicoltori si sono trovati a fare i conti con importanti attacchi sul nocciolo della nuova specie di oidio, Erysiphe corylacearum. I primi attacchi furono segnalati nel basso Avellinese, poi nel Napoletano e subito a seguire in tutte le altre zone pianeggianti. Solo più tardi gli attacchi si sono presentati nelle zone collinari, probabilmente a causa delle temperature leggermente più basse rispetto alle zone di fondovalle”.

“Ancora adesso dai diversi areali coltivati a nocciolo giungono continue segnalazioni di ingenti attacchi del fungo che si trova nella sua fase più virulenta. Le zone in ombra poco ventilate, dove il caldo crea un microclima umido adatto allo sviluppo dei conidi e delle ife fungine, sono quelle più soggette. A differenza della comune forma di oidio (Phillactinia corylicola), meno invasiva e dannosa, la nuova specie risulta essere molto aggressiva e di facile diffusione: i principali attacchi avvengono sulle foglie dei polloni basali delle piante, arrestandone lo sviluppo, per poi spostarsi sulle foglie giovani della chioma e quindi sulle brattee dei frutti in accrescimento. In casi di attacchi gravi, dopo la comparsa della tipica muffetta di colore bianco brillante, le foglie presentano delle bollosità, dove si andranno a creare delle lesioni necrotiche fino a devitalizzare l’intera foglia che cade anticipatamente. Lo stesso accade sui frutti in formazione che vanno incontro a cascola anticipata”.

“La strategia di difesa più appropriata, come per tutti gli oidi, è quella preventiva rispetto a quella curativa, in particolare utilizzando lo zolfo che a questo momento risulta essere l’unico prodotto utilizzabile sul nocciolo, in attesa che vengano autorizzati antioidici di sintesi dotati di azione endoterapica di maggiore efficacia e curatività. La rimozione del materiale infetto, laddove possibile, può comunque contribuire a ridurre l’inoculo nell’anno seguente”.

Di recente è stata segnalata la presenza di questo fungo nella provincia di Viterbo dove la caratteristica colorazione biancastra a carico della pagina superiore della foglia ha subito allarmato gli agronomi di Assofrutti.

“Sono state effettuate segnalazioni e campionamenti su quasi tutto il territorio di competenza ed inviati campioni all’Università degli Studi della Tuscia”, ci riferisce Giacomo Santinelli, agronomo di Assofrutti. “I sintomi sono stati rilevati principalmente sui polloni, ma in alcuni casi anche sulla chioma”.

“La diffusione è stata favorita dalle condizioni climatiche di giugno, confermate dalle stazioni meteo di Assofrutti: temperature alte, ma al di sotto dei 35°C, valori a cui è inibita la germinazione dei conidi. Inoltre non si sono verificate piogge battenti che rimuovono e dilavano i conidi ed il micelio dalla superficie degli organi infetti, mentre l’umidità relativa ha registrato valori medi dal 60% all’80%, vicini all’optimum per lo sviluppo del fungo”.

Copyright: NocciolaRe

Pubblicato 05-07-2021

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