Ringraziamo il dott. Christian Chiani che ha preparato questo dettagliato resoconto dei vari interventi e degli argomenti che sono stati trattati durante il webinar organizzato dalla SOI; risulterà sicuramente utile a quanti non abbiano potuto seguirlo perchè i contenuti erano di particolare interesse. In fondo all’articolo sono presenti i link per scaricare le presentazioni complete che alcuni dei relatori hanno gentilmente messo a disposizione dei nostri lettori.
Il gruppo di lavoro frutta secca della società SOI in collaborazione con il Dipartimento di Agraria dell’Università di Perugia ‘8 luglio scorso ha organizzato lil Webinar “Giornate tecniche del nocciolo – Attuali linee di sviluppo” in modalità mista, completato da una visita in presenza il giorno successivo il convegno negli impianti di Deruta (PG). Questo evento si ripete a partire dal 2017 ogni anno. La prima edizione si è svolta a Caprarola ed ha visto tra l’altro anche la collaborazione del DAFNE dell’Università di Viterbo.
Roberto Botta (Università di Torino – DISAFA), coordinatore del gruppo di lavoro “Frutta Secca” apre gli interventi della giornata porgendo i saluti ed i ringraziamenti per l’organizzazione. Questo webinar è stato preceduto da altri eventi sempre online su noce e noce pecan facenti parte di un ciclo di seminari del gruppo frutta secca SOI.
La moderatrice del webinar, Chiara Cirillo (Università di Napoli – DiA), introduce Giuseppe Calcagni dell’International Nut and Dried Fruit Council e di Besana il cui intervento “Espansione della corilicoltura e nuovi mercati” verte sulla crescita della corilicoltura e nuove aree di coltivazione a livello mondiale (dinamiche degli ultimi dieci anni). Calcagni afferma che un ruolo di rilievo potrà essere svolto nei prossimi anni dai paesi Others di nuova o nuovissima coltivazione. Fa poi un excursus storico partendo dai consumi della frutta secca in aumento dopo i due conflitti mondiali per passare poi ad una esplosione negli anni ’80 nei cinque continenti. Si passa poi a tracciare un’istantanea degli anni attuali per dopo fare una proiezione degli anni 2020-50. Si è verificata durante il covid una impennata dei consumi del comparto agroalimentare di circa il 15% in Europa, in modo specifico del 4-5% del consumo di frutta secca. Guardando al futuro con una popolazione che va oltre i nove miliardi di persone, Calcagni afferma che il mercato non potrà prescindere da una sostenibilità economica. I consumi in Oriente e soprattutto in Cina sono in forte crescita perché l’economia è florida e la moneta circola. Però la produzione oggetto di analisi verte sempre di più verso l’uso industriale, con una componente del 70% circa dell’indotto inerente la frutta secca di tipo industriale. Delinea poi un quadro quantitativo della produzione del nocciolo di circa 1.300.000 tonnellate di cui circa 800.000 attribuibili alla Turchia; segue l’Italia con 160.000 tonnellate. Attualmente nel paese bagnato dal mar Nero c’è una forte carenza di manodopera con buona parte della popolazione impiegata nell’industria. Dato negativo per un paese caratterizzato da una orografia molto impervia ed irregolare. Seguono poi nel trend dei produttori mondiali gli Stati Uniti, la cui produzione è molto stabile e lineare, ed il Cile che è la vera sorpresa potendo vantare un vero e proprio boom della produttività. La Georgia con 50-70.000 tonnellate ha però rese molto basse, mentre i paesi dell’ex Unione Sovietica possono vantare una buona produzione di qualità, avendo tra l’altro introdotto la varietà Giffoni e altre varietà americane. Una produzione questa ultima caratterizzata da una forte componente industriale. L’Iran ha ottimi noccioleti con consumo quasi completamente interno. La Cina invece ha quasi raddoppiato la propria quantità, da 8-10.000 tonnellate a più di 20.000. Per arrivare ai paesi etichettati Others di nuova o nuovissima coltivazione che comprendono moltissimi paesi nel mondo tra cui alcuni della penisola Balcanica, la Russia e centro Asia che hanno una produzione per ora sulle 30-50.000 tonnellate con un potenziale di crescita molto consistente. Le rese in sgusciato si attestano al 50-51% della Turchia, 47% Italia, 42% USA e sempre a scendere proseguendo verso gli altri paesi. Le nuove piantagioni hanno rese più alte.
A seguire Mercè Rovira (IRTA Spagna) presenta il suo intervento dal titolo “L’utilizzazione dei portinnesti di nocciolo nel mondo”. Il nocciolo, che ha una forma di allevamento variabile da cespuglio a vaso e ad alberello, è caratterizzato da una forte attività pollonifera che giustifica anche interventi chimici e forti costi che pesano per circa un quinto su quelli totali di gestione. La forma di allevamento preferibile per le piante innestate è l’alberello mentre la specie più utilizzata come portinnesto è C. colurna che si sviluppa in altezza, ha forma piramidale ed è più tollerante a freddo e siccità. Il portinnesto costituisce una strategia agronomica molto valida per abbassare sensibilmente l’attività pollonifera. I vantaggi di C. colurna sono di non avere polloni, di disporre di un apparato radicale più sviluppato e produrre un buon callo per la elevata affinità con C. avellana, ma anche svantaggi quali una maggiore dormienza e tempi più lunghi per l’innesto. Le università che più stanno sperimentando questi aspetti sono quelle di Perugia e Piacenza. In particolare da alcune prove di confronto autoradicato vs. innestato sono emerse una maggiore adattabilità degli innestati e minore competizione tra attività produttiva e riproduttiva. Esistono poi prove su Newberg e Dundee che hanno evidenziato nelle piante innestate, oggetto di sperimentazione, delle migliori performance agronomiche, ma una problematica legata alla elevata suscettibilità ad un fungo. Si è inoltre riscontrata una caduta delle foglie posticipata rispetto ad autoradicato e maggiore resistenza a clorosi ferrica. Un terzo tipo di portinnesto sperimentato è stato il C. colurna da seme. Le attuali prospettive sono positive in relazione alla tecnica della propagazione in vitro, ma sono ancora pochi i paesi del mondo con nocciolo innestato; delle ricerche promettenti sono però tuttora in corso. Ibridi C. chinensis x C. avellana hanno buone prospettive future. Molte parcelle di cultivar innestate sono su intensivo o super intensivo. In Serbia sono coltivati più di mille ettari innestati.
È la volta di Andrea Reyes (Gruppo Avexa Chile) che espone il suo intervento su “La corilicoltura cilena” parlando della storia del nocciolo in Cile, sottolineando i vantaggi climatici ed orografici e le grandi dimensioni delle aziende cilene che, unite ai bassi costi della manodopera e alla possibilità di irrigare, hanno determinato un vero e proprio boom della corilicoltura in quel paese. Elenca poi tutta una serie di varietà di recente utilizzazione come la Segarbe, Carabel, Negret, Ennis e Colurna e altre nuove varietà di cui è stata testata la validità, la capacità produttiva e l’adattabilità. La meccanizzazione è tutta italiana e americana.
Interviene poi Giampaolo Rubinaccio (Ortofrutta Italia) che presenta il suo intervento su “Problematiche economiche ed organizzative delle aziende” sulla frutta a guscio (dati Ismea). Parla delle caratteristiche della filiera mostrando una analisi SWOT da cui emerge la rilevanza del settore ed il peso della frutta a guscio nel mercato agroalimentare mondiale. Una filiera caratterizzata non solo da conoscenza, ma anche da tecnologia avanzata. Parla poi dei principali attori della filiera viterbese e piemontese. Una coltivazione poco remunerativa nelle zone ad orografia complessa o con vincoli. Elenca obblighi e vincoli morali degli attori della filiera e i prezzi di produzione alti. Si passa poi a temi quali la mitigazione del costo della spollonatura, la maggiore criticità della corilicoltura. È opportuno far capire al consumatore che mangiare sano significa mangiare anche frutta a guscio. Si fa riferimento poi alla recente notizia della scoperta della proteina che nel nocciolo causa allergia. L’acquisto di frutta a guscio evoca sempre più fascino per il consumatore. C’è vivacità di scambi internazionali ed in questi il nostro paese fa la sua parte. Viene lanciato poi in chiusura un invito alla ricerca per le diverse emergenze, come la siccità, per capire ad esempio quali cultivar siano resistenti.
Daniela Farinelli (Università di Perugia-DSA3) mostra gli sviluppi del suo lavoro con un intervento su “Comportamento vegeto-produttivo di piante micropropagate, innestate ed autoradicate” presentando dei risultati di piante di nocciolo innestate e da pollone, sottolineando che ci sono differenze nel comportamento vegeto-produttivo tra piante autoradicate, innestate e micropropagate. Nelle piante innestate le fallanze sono state dell’8%, mentre nelle autoradicate più del 20%. Vengono riportati gli esiti degli studi del trend di crescita vegetativa di Tonda Romana, Tonda Giffoni e Francescana con attenzione agli aspetti dimensionali di tronco, altezza dell’impalco e altezza totale mettendo a confronto le diverse modalità vivaistiche. Emerge in particolare un aspetto importante che si identifica con l’uniformità di entrata in produzione della varietà Tonda Francescana. Sono diverse le dimensioni del tronco nelle tre diverse modalità innestata, micropropagata e autoradicata. Nell’innestato si registra una maggiore altezza dopo un anno e mezzo. Mediamente le piante micropropagate hanno un diametro del tronco simile a quelle da pollone. Poi si analizzano potatura, diametro, altezza e volume della chioma. Nella Giffoni le piante innestate sono un po’ meno vigorose. Nella Tonda Romana le piante innestate hanno un volume maggiore. La Tonda Francescana non presenta grandi differenze. Gli studi in corso evidenziano uniformità nello sviluppo del tronco e maggiore volume di chioma nelle micropropagate. Altro elemento rilevato è che le micropropagate hanno maggiore giovanilità rispetto alle piante da pollone. La TGL al secondo anno ha fatto registrare una fruttificazione. Le piante micropropagate sono all’inizio più piccole poi si sviluppano di più ed hanno minore giovanilità. Elemento chiave delle cultivar non vigorose è il maggior sviluppo quando innestate, rispetto alla provenienza da pollone. Importante la qualità del materiale vivaistico per una veloce entrata in produzione e bassa mortalità giovanile.
Sergio Tombesi (Università cattolica del Sacro Cuore – Piacenza – DIPROVES) interviene su “Architettura della pianta: informazioni utili per gestire la chioma ed aumentare la costanza di produzione”, un lavoro che ha visto a confronto piante di nocciolo innestate vs. autoradicate considerando gli aspetti della produzione, i fiori femminili, l’allegagione ed il peso del frutto. L’allegagione è influenzata direttamente dalla disponibilità di carboidrati nella pianta. Con la potatura si ha un maggior controllo dell’agricoltore sui principali parametri colturali. Sui rami e brindilli dopo circa 5-6 anni si notano i primi segni di senescenza, ma potando i rami e le branche giovani, si garantisce l’efficienza produttiva. I rami più efficienti per fioritura sono quelli corti i quali riescono a produrre nell’anno. Nel nocciolo il vigore è un problema. Se vogliamo rallentarne l’invecchiamento, bisogna irrigare e concimare bene. Portinnesto e potatura ci aiutano. Nell’innestato è stato possibile osservare un maggior equilibrio dell’attività vegeto-produttiva. Quando si ha invece troppa produzione localizzata, non si ha produzione nell’anno successivo con forte alternanza. La potatura nel nocciolo è poco praticata: ci si limita a rimuovere le branche vecchie malate ed esaurite ed i polloni. Una buona tecnica è la spuntatura con mezzo meccanico. La potatura è poco applicata anche per paura di perdere della produzione. L’allegagione è influenzata dalla disponibilità di carboidrati. Nella TGL una buona potatura con rimozione di circa un terzo della chioma consente di raddoppiare i glomeruli della pianta e l’efficienza produttiva triplica. Effettuare una potatura non è detto che riduca la produzione anche nello stesso anno perché aumenta molto il fenomeno dell’allegagione; si ha inoltre un miglior sviluppo dei glomeruli e gemme miste. Altra tecnica molto valida ma poco applicata è la defogliazione che simula uno stress idrico. Concludendo, si afferma che quello che possiamo osservare nel nostro corileto nella stagione corrente è il risultato della tecnica agronomica delle ultime due-tre stagioni. Fertilizzazione e irrigazione sono molto efficaci per la costanza di produzione e per combattere la senilità, garantendo una produzione elevata e stabile nel tempo.
E’ seguito l’intervento di Valerio Cristofori (Università della Tuscia – DAFNE) su “Sesti di impianto e forme di allevamento del nocciolo europeo: dalla tradizione alle recenti innovazioni” che esordisce sottolineando l’importanza dell’innovazione tecnica e la necessità di meccanizzazione: con un sesto di impianto regolare si ha possibilità di meccanizzazione spinta. Densità di impianto anche di mille piante per ettaro e forme di allevamento che variano da cespuglio policaule, vaso cespugliato ed alberello. Vaso policaule molto usato in Turchia mentre nel contesto Viterbese e Campano è più diffuso il vaso cespugliato con impalco a trenta-cinquanta centimetri. L’alberello invece presenta un impalco ad ottanta centimetri circa. Il sistema corileto sta assistendo ad un graduale e progressivo evolversi del sesto di impianto convergendo verso il frutteto industriale. Maggiore densità di impianto e uso del portinnesto non pollonifero. Introduzione della novità del sesto dinamico che consiste in un iniziale sesto di impianto 5 per 2,5 metri il quale poi, eliminando al decimo-dodicesimo anno una pianta su due sulla fila più fitta, converge verso un 5 per 5. Ultime tendenze sono di intensificare ulteriormente i sesti con intensivi e super intensivi. La Turchia ha una orografia e dei sesti di impianto storici non adeguati alla meccanizzazione. In Spagna invece si coltivano diverse varietà in impianti regolari e ci sono esperienze pionieristiche di coppie di piante a due branche. Negli Stati Uniti si coltivano piante maestose, quasi da bosco con sesti di impianto 6 per 6 metri e 300 piante per ettaro. In Oregon si ha un orientamento polivarietale: si alternano file di cultivar vigorose a file di cultivar meno vigorose. A livello nazionale si ha una frutticoltura con un forte legame col territorio. In Italia negli anni ’70-80 il nocciolo era coltivato nelle aree marginali mentre nell’ultimo decennio si è verificata una espansione ed uno sviluppo copioso. Nel Messinese si hanno sesti irregolari, mentre in Campania si osserva una maggiore variabilità impiantistica: es. nocciolo consociato con noce e castagno. Nel Viterbese impianto monocaule mentre in Piemonte impianti regolari ed a cespuglio. Si accenna al progetto Pantheon.
La ricercatrice del CREA – OFA Caserta Milena Petriccione interviene su “Composti bioattivi della nocciola come promotori della salute: cultivar a confronto” e apre la presentazione ricordando che il consumo di frutta secca è di grande aiuto nel prevenire diverse malattie nell’uomo. I fattori della coltivazione della nocciola che influenzano il potere nutraceutico sono le caratteristiche genetiche, quelle pedo-climatiche, la tecnica colturale e l’epoca di raccolta. 19 cultivar sono state oggetto di uno studio dal quale è emerso un contenuto variabile di lipidi e proteine. Le percentuali variavano in relazione alla cultivar oggetto di indagine ed alla diversa zona di produzione. Le tecniche colturali, come le concimazioni, possono influenzare il contenuto di nutraceutici. Interessanti sono il profilo lipidico ed il potere antiossidante. In un lavoro recente e approfondito sulle diverse varietà di nocciola di Becchetti et al. del 2013 si riportano i risultati dell’analisi di ben 73 varietà di nocciolo. La discussione passa poi alla tostatura che deve seguire un certo processo affinché la presenza finale di nutraceutici sia il più possibile elevata. Vengono poi messi a confronto 32 campioni di nocciole di diversi paesi e comparati i diversi livelli di sostanze utili alla prevenzione di malattie come arginina, triptofano, acido glutammico ed aspartico e folati. Alcuni composti della nocciola hanno il potere di contrastare i ROS, le specie reattive all’ossigeno. Proteine e carboidrati hanno elevata azione antiossidante e sono utili per ridurre lo stress ossidativo infiammatorio. Le sostanze utili sono contenute in percentuale maggiore nella cuticola del seme.
Lara Maistrello (Università di Modena e Reggio Emilia – DSV Centro BIOGEST-SITEIA) presenta l’ultimo intervento della giornata su “Gestione integrata della cimice asiatica, fitofago chiave in frutteti e noccioleti”. L’entomologa sottolinea come la cimice asiatica sia estremamente polifaga. La diffusione dell’insetto è rapida svernando in alberi sotto la corteccia come anche nei locali, nei magazzini e nei capannoni. Nel Modenese è molto diffusa soprattutto ai lati dei noccioleti ed è considerata insetto chiave nel nocciolo. Provoca danni diversi alle varie specie frutticole ed il suo comportamento è imprevedibile. Il controllo biologico si avvale dell’uso di alcuni parassitoidi. Il monitoraggio si effettua con rilievi visivi, frappage e trappole con attrattivo ormonale, mentre nella difesa integrata si effettuano diversi trattamenti. Si sono evidenziati maggiori danni nei bordi dei frutteti e si possono utilizzare nel controllo reti monoblocco, reti monofila, interventi perimetrali.
In chiusura nella discussione Valerio Cristofori espone il progetto Pantheon sull’agricoltura digitale in ambiente corileto. Si tratta di tecniche di agricoltura digitale già applicate con ottimi risultati in vigneto.
Autore: Dott. Agr. Christian Chiani
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Daniela Farinelli: Comportamento vegeto – produttivo di piante micropropagate, innestate e autoradicate
Valerio Cristofori: Sesti di impianto e forme di allevamento del nocciolo europeo: dalla tradizione alle recenti innovazioni
Lara Maistrello: Gestione integrata della cimice asiatica, fitofago chiave in frutteti e noccioleti
Pubblicato 26-07-2021