L’area infestata dal coleottero scarabeide Popillia japonica continua ad espandersi nel Nord Italia con una progressione di circa 10 Km all’anno, a partire dal focolaio iniziale reperito nel 2014 nel Parco del Ticino.
Questo insetto, detto anche coleottero giapponese dal suo paese di origine, è estremamente polifago, essendo in grado di attaccare oltre 300 specie vegetali. I danni più gravi sono provocati dagli adulti, che, grazie al loro apparato boccale masticatore, scheletrizzano letteralmente le foglie.
A causa della sua pericolosità è stato inserito tra gli organismi nocivi da quarantena e prioritari per l’Unione Europea (Regolamento delegato 2019/1702). In Italia la lotta è divenuta obbligatoria già nel 2016 e l’ultimo aggiornamento è il decreto ministeriale 22 gennaio 2018. La Regione Piemonte, con determinazione dirigenziale del 12 ottobre 2021, ha provveduto ad aggiornare la zona infestata e quella cuscinetto di 15 chilometri intorno ad essa con l’elenco dei comuni dove il fitofago è già presente.
In Piemonte ogni anno viene attivato dal Settore Fitosanitario un Piano di controllo che prevede la vigilanza fitosanitaria nei siti a rischio e sul materiale vivaistico, iniziative di lotta e di contenimento nonchè il monitoraggio.
Per aggiornare i nostri lettori con una informazione concreta e utile ad affrontare questo grave problema, abbiamo consultato il dr. Giovanni Bosio, entomologo del Settore Fitosanitario e servizi tecnico-scientifici della Regione Piemonte, il quale si è occupato di questo insetto fin dall’inizio della infestazione.
CONOSCERE L’INSETTO
La conoscenza del ciclo biologico, delle preferenze alimentari come delle condizioni che ne favoriscono lo sviluppo è indispensabile per mettere a punto tecniche di difesa efficaci. Così pure occorre saperlo riconoscere, evitando confusioni con altri coleotteri analoghi. A questo proposito è utile il depliant pubblicato dalla Regione Piemonte.
Popillia japonica ha una sola generazione all’anno. Gli adulti iniziano a fuoriuscire dal terreno verso fine maggio – inizio giugno e la loro presenza è massima tra la metà di giugno e la metà di luglio. Successivamente diminuiscono per scomparire del tutto a fine estate. Le femmine dopo l’accoppiamento ovidepongono nel terreno in buche profonde 5-8 centimetri. Dopo circa due settimane compaiono le larve che completano il loro ciclo nel terreno nutrendosi a carico delle radici delle piante presenti. Lo svernamento avviene prevalentemente come terzo stadio larvale. Dopo il completamento dello sviluppo larvale, gli adulti fuoriescono dal terreno nella primavera dell’anno successivo.
I DANNI
La gravità dei danni dipende oltre che dall’assenza di limitatori naturali anche da alcune particolari abitudini di questo insetto. Si tratta infatti di un coleottero caratterizzato da grande mobilità e dal comportamento gregario degli adulti, che possono raccogliersi in diverse centinaia su una singola pianta, giungendo a defogliarla completamente nel volgere di pochi giorni. Frequentemente gli attacchi iniziano sulla parte più alta della chioma e sulle foglie più tenere.
Ad aggravare la situazione si aggiunge il fatto che, nonostante l’estrema polifagia, mostra spiccate preferenze per alcune specie vegetali su cui gli adulti si concentrano particolarmente, arrecando gravi defogliazioni. Il nocciolo purtroppo rappresenta una di quelle preferite oltre a vite, glicine, rosa, susino, pesco, piccoli frutti, mais, soia, tiglio, ontano, melo insieme a tante altre. Per questo fin dalla prima segnalazione di Popillia japonica è scattato l’allarme per la corilicoltura e oggi si fanno sempre più frequenti le segnalazioni di attacchi.
La gravità delle infestazioni dipende anche dalla presenza di aree particolarmente favorevoli allo sviluppo delle larve che, come abbiamo visto, sono terricole. Le femmine infatti ovidepongono di preferenza in terreni umidi, ad es. in prati e campi di mais e soia irrigati in estate, dove le uova e le larve possono sopravvivere. I noccioleti come le altre colture non irrigue difficilmente ospitano popolazioni significative di larve, a differenza invece delle colture irrigate che possono fungere da potente focolaio d’infestazione.
Gli attacchi più gravi sui noccioleti si possono riscontrare proprio negli appezzamenti prossimi alle colture irrigue, tanto più gravi quanto più giovani sono le piante, fino a comprometterne lo sviluppo.
PERCHE’ E’ DIFFICILE COMBATTERE POPILLIA JAPONICA?
Come ci conferma Giovanni Bosio, il problema della lotta contro questo fitofago non è di semplice soluzione. I ricercatori stanno alacremente lavorando nell’ambito di progetti regionali, nazionali ed europei per individuare soluzioni, principi attivi e strategie d’intervento efficaci.
Un limite è rappresentato dal fatto che gli insetticidi attualmente impiegabili in Italia contro gli adulti hanno azione prevalentemente per contatto e ridotta persistenza. In genere sono dotati di un buon potere abbattente, ma dopo pochi giorni dal trattamento, in aree con popolazioni elevate si può verificare una reinfestazione importante delle coltivazioni. Dato il prolungato periodo di presenza degli adulti, unito alla capacità di spostarsi su distanze medio-lunghe, possono essere necessarie più applicazioni di insetticidii, col rischio di effetti collaterali negativi a causa della loro scarsa selettività verso gli organismi utili. D’altro canto la lotta contro le larve nel terreno non è tecnicamente proponibile per la difesa di questa coltura.
COME DIFENDERE I NOCCIOLETI
Per la lotta contro gli adulti di Popillia japonica attualmente sul nocciolo sono registrati alcuni insetticidi a base di etofenprox e deltametrina. Inoltre può essere sfruttata l’azione collaterale di insetticidi ammessi sulla coltura contro altri fitofagi come le cimici (es. lambda-cialotrina, oppure acetamiprid, quest’ultimo impiegabile al momento solo fino al 9 settembre 2022).
Comunque per meglio individuare i periodi di intervento e le sostanze attive si consiglia di consultare i servizi di assistenza tecnica.
Il problema è particolarmente preoccupante per l’agricoltura biologica dove azadiractina (neem), spinosad e piretro hanno evidenziato scarsa efficacia. Interessanti risultati sono stati invece conseguiti su vite con il caolino che, applicato a dosi elevate prima del sopraggiungere degli adulti, riduce in modo significativo la loro presenza sulle piante trattate.
Sulla vite negli Stati Uniti sono state definite soglie di intervento in termini di numero di adulti presenti (50 individui per metro lineare di filare) e di percentuale di superficie fogliare erosa (30% di defogliazione) senza che la produzione risenta effetti negativi e che quindi sia necessario intervenire. Anche per il nocciolo potrebbe essere utile disporre di analoghi parametri da utilizzare nella lotta guidata ed evitare così trattamenti inutili.
Per quanto riguarda l’impiego di trappole per la cattura massale, in genere se ne sconsiglia l’uso, come riportato anche nei bollettini tecnici negli Stati Uniti.
Su internet sono pubblicizzate le trappole attrattive con feromoni (anche chiamate trappole “biologiche”) ma queste catturano solo una parte degli adulti di popillia attirati, gli altri finiscono sulle piante vicine e continuano ad arrecare danni richiamando altri adulti. L’insetto preferisce poi le piante per lui più attrattive (vite, nocciolo, glicine, rosa, susino, pesco, piccoli frutti). Le trappole sono installate solo in certe aree, seguendo criteri specifici per evitare danni alle colture allo scopo di rallentare l’espansione del focolaio e sono gestite dal Settore Fitosanitario regionale. Non vengono mai installate dove c’è poca popolazione proprio per evitare di richiamare l’insetto verso l’esterno della zona infestata.
Bibliografia:
Giovanni Bosio, Enzo Piazza, Emanuela Giacometto. Popillia japonica, una specie in progressiva diffusione. L’Informatore Agrario, 21/2022, 53-58.
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Pubblicato 20-07-2022