La protesta degli agricoltori, da Bruxelles a Roma, coinvolge anche i produttori di nocciole. I corilicoltori da anni sono in sofferenza, vuoi per gli andamenti del mercato, vuoi per le politiche europee. E così anche diversi di loro sono scesi in strada in questi giorni.
Rabbia e frustrazione covavano da tempo. Era sufficiente parlare con i produttori o leggere i loro sfoghi sul web per rendersene conto. NocciolaRe ne ha parlato con Fabio Bellero, corilicoltore e amministratore di uno dei più seguiti gruppi Facebook dedicati alla nocciola e che pertanto raccoglie testimonianze da diverse aree di coltivazione
Gli agricoltori sono scesi in strada, malessere e malcontento covavano però da tempo: nei gruppi sui social come quello che gestisce immagino fosse palpabile. Quali sono gli elementi principali che hanno innescato la protesta degli agricoltori?
Il grido di aiuto della coricoltura corre unanime insieme a quello dei nostri colleghi che si occupano di agricoltura tra seminativi e allevamenti. I motivi che ci coinvolgono sono legati ai prezzi di vendita su cui non abbiamo voce in capitolo. Puetroppo a poco o nulla vale associarsi in cooperative e, che con i ricari dei costi produttivi degli ultimi anni, i prezzi spesso non ci permettono di coprire le spese. Le spese delle lavorazioni, concimi, gasolio, burocrazia varia ci stanno letteralmente ammazzando. Oltretutto, i consumatori pagano sempre di più un prodotto che a noi viene pagato sempre meno. L’Unione Europea, con la sua politica assurda riguardo alle importazioni e ancora più assurda sul greening, non sta facendo altro che distruggere la nostra agricoltura. Da una parte apre i mercati alle importazioni a basso costo da Paesi non obbligati a rispettare le nostre stesse norme, dall’altra cerca in tutti i modi di farci ridurre le produzioni aumentandone i costi. Oltre a questo, l’agricoltura viene colpevolizzata come inquinatrice e avvelenatrice, ma non si fa nulla per spiegare al consumatore che i nostri prodotti sono sicuri, mentre in molti Paesi extra UE vengono utilizzati fitofarmaci vietati in Europa da anni.
Vede un filo conduttore tra le proteste in Europa e quelle in Italia?
Il filo conduttore è sottilissimo: sicuramente il greening della PAC e i prezzi non remunerativi dei prodotti agricoli. Dal momento che la protesta ha toccato i Paesi più importanti si è creata una reazione a catena che, dal mio punto di vista, se fosse partita da Italia, Spagna o Grecia magari non avrebbe avuto lo stesso clamore.
Ci sono corilicoltori che stanno manifestando nell’ambito della protesta degli agricoltori? Quali istanze portate avanti dai gruppi autonomi sono più vicine al mondo della nocciola?
Le manifestazioni hanno riguardato anche areali a forte vocazione corilicola, come la zona da Viterbo ad Orte, Alessandria e Asti, e poi la piazza di Cuneo. La protesta è ampia e durante i comizi in piazza è stato espresso il disagio del settore corilicolo. Un disagio dovuto al mercato e al mono-prezzo mondiale imposto dalle multinazionali. In più è stata tirata in causa anche la Regione Piemonte che, con la legge regionale per la qualità dell’aria, ci impone di bruciare le potature a partire dal 15 di aprile. Così si creano delle quantità immense di potatura infetta colpita da citospora, agrilo e altre malattie: tutto materiale ammucchiato al bordo dei campi.
Dal suo punto di vista, cosa dovrebbe chiedere a Governo Nazionale e Unione Europea la corilicoltura italiana?
Chiediamo che i prodotti della terra siano pagati il giusto senza che si sia obbligati a ricorrere a PAC, PSR e PNRR… Tutte complicazioni piene di burocrazia per un agricoltore, difficili da attuare, che ci tolgono dignità. Abbiamo bisogno che sulle confezioni di ogni prodotto alimentare ci sia l’etichetta di origine. Così da incentivare la filiera corta o, se non corta, almeno europea, senza spostare navi di derrate alimentari da tutto il mondo.
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Pubblicato: 05-02-2024