Pino Calcagni non ha certo bisogno di presentazioni. E’ una vera istituzione nel campo della frutta secca e un profondo conoscitore del mercato della nocciola. Lo abbiamo incontrato all’ultima edizione del Macfrut, reduce da un tour in Cina: in questa intervista con NocciolaRe l’imprenditore tasta il polso ai principali Paesi produttori e analizza le prospettive del mercato corilicolo. “In questo mondo così combattuto e disordinato – dice – almeno per le nocciole abbiamo le idee chiare”.
L’Italia e la riconversione varietale
“Le tre grandi varietà italiane devono essere portate ad esprimersi al massimo – puntualizza Calcagni – e nel panorama varietale ci metterei anche la Francescana, perché sta facendo molto bene: siamo passati dai campi sperimentali alla vera coltivazione e i risultati sono soddisfacenti”.
Parlando del potenziale produttivo italiano, l’esperto rimarca che “non è al massimo ed è avvilito anche dai prezzi dovuti alla qualità” non rispondente alle aspettative. “Oggi il grande passaggio è raccogliere anche due volte, fare qualità, essiccare e conservare – evidenzia – Nei corileti più periferici bisogna evitare i misti: negli areali campani abbiamo la Mortarella, che è una gran varietà, e alterna bene con la Giffoni: togliamo di mezzo tutto il vecchio e il vetusto, ci sono impianti di cinquant’anni che vanno tagliati e rimpiazzati con quello che vuole il mercato. Questo ci permetterebbe di avere quel 10-15% in più in termini di prezzo-valore: le nocciole hanno bisogno di avere un mercato internazionale molto ampio”.
La situazione turca
“Il nostro nemico è la Turchia? Direi di no – sentenzia Calcagni – La Turchia soffre anche lei: è vero che ha potenziale di 850 mila tonnellate, ma poi alla fine non riesce a metterne più di 700, 720, 750 nelle buone stagioni. Molti impianti risalgono al 1960-1980, ci sono noccioleti con più di cinquant’anni, molti sono in collina e non sono meccanizzabili: e anche in Turchia c’è un problema di manodopera. Succede quello che è accaduto in Italia, dove prima dell’avvento delle macchine il costo della raccolta veniva appena ripagato dal valore di mercato”.
Le Americhe
Abbiamo parlato della Turchia, abbiamo parlato dell’Italia, ma se ci trasferiamo nel continente americano troviamo il Cile che, come sottolinea Calcagni, “sta emergendo velocemente, però fortunatamente, essendo nell’Emisfero Sud le sue nocciole non si sovrappongono alla nostra produzione e vengono assorbite dai mercati americani. In Nord America, invece, un player importante è l’Oregon, ma anche qui sono ancora coltivate vecchie varietà che non hanno più ragion d’essere: non producono molto, hanno diverse problematiche di batteriosi e sono vetuste. Ci sono nuove varietà messe a punto a Corvallis dall’Università statale dell’Oregon: hanno un buon gusto. Trovandosi tra Canada e Stati Uniti c’è un parterre immediato di consumatori che può inghiottire queste 100-120.000 tonnellate di nocciole”.
Le prospettive cinesi
Nel mercato della nocciola c’è una new entry interessante, sia a livello produttivo che per la capacità di importare prodotto: la Cina. “Attualmente muove dalle 100 alle 120mila tonnellate – spiega Calcagni – E’ un pericolo? Direi di no, perché la Cina tutto sommato ha oltre un miliardo di potenziali consumatori e la prima esigenza che ha è soddisfare il consumo interno. Dove tra l’altro ci sono prezzi interessanti: i cinesi pagano le nocciole in guscio il 40% in più del valore europeo. Hanno scoperto le nocciole in guscio tostate, che consumano come i pistacchi, trovando piacere nell’apertura del guscio e nel successivo consumo. Sicuramente la Cina è potenzialmente interessante anche per la nocciola italiana, tutto ciò che è innovazione è ben visto. E poi la Cina è diventato un Paese di grande qualità, ragion per cui non sottovalutiamolo – conclude Pino Calcagni – il nostro prodotto di élite può rappresentare una proposta interessante per i cinesi”.
Copyright: Nocciolare
Pubblicato: 22-06-2023