Considerazioni in merito al confronto in corso tra Bio-Distretto della Via Amerina e Assofrutti sullo sviluppo della corilicoltura

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Mercoledì 9 giugno, presso la sala della provincia di Viterbo e organizzato dal quotidiano Il Messaggero si è tenuto un pubblico dibattito che ha visto protagonisti Famiano Crucianelli, Presidente del Bio-Distretto della Via Amerina e delle Forre e Pompeo Mascagna, Presidente di Assofrutti, la maggiore organizzazione di produttori di nocciole del Lazio. Lo scopo che con questo incontro, moderato dal capo della redazione Giorgio Renzetti, tutti si prefiggevano era quello di affrontare in modo approfondito e, possibilmente, costruttivo le divergenze sorte in merito ad una recente ordinanza del sindaco di Nepi riguardo l’utilizzo dei prodotti fitosanitari impiegati nella coltivazione del nocciolo, ma che è solo l’ultimo episodio di un “braccio di ferro” in corso tra alcune amministrazioni comunali del Viterbese e il mondo produttivo che ruota intorno alle nocciole.

Non possiamo qui entrare nel merito di tutti gli argomenti discussi tra i due relatori e chi lo desidera può ascoltare l’intero evento al link riportato in fondo all’articolo; è però risultata evidente purtroppo la ben nota difficoltà di comprensione, nonostante le buone intenzioni cui abbiamo accennato, da parte di una posizione ambientalista (di per sé condivisibile e di fatto condivisa dalla grande maggioranza degli agricoltori), ma ideologica e quella dell’imprenditorialità agricola (ci piace sottolineare questa parola visto che invece è stata utilizzata quella di “contadini”) che deve necessariamente mediare tra diverse esigenze, non ultima quella economica, e sempre nel rispetto delle normative vigenti alle quali è giustamente necessario aderire, anche perchè l’eventuale cattivo comportamento di pochi finisce sempre con il penalizzare un’intera categoria professionale. I corilicoltori non possono quindi essere considerati dei “contadini” da sostenere con sussidi finalizzati ad un puro presidio del territorio, ma degli imprenditori agricoli che devono gestire le loro aziende con criteri di economicità, affrontando le sfide sempre più impegnative poste dalla globalizzazione dei mercati, dai cambiamenti climatici, ecc.

Si vorrebbe, infatti, che un sempre maggiore numero di corilicoltori adotti la produzione biologica, che invece di vendere le nocciole alle grandi industrie dolciarie le associazioni di produttori organizzino la trasformazione diretta del prodotto, ecc. Obiettivi sicuramente condivisibili (su quello del biologico la stessa Assofrutti è attivamente impegnata), ma che non possono essere imposti a colpi di leggi locali (in Italia siamo specialisti in questo), di divieti, ecc. in quanto scelte libere dell’imprenditore agricolo la cui attività, ci teniamo a sottolinearlo, in Europa è regolata dalla legislazione da tutti riconosciuta come la più restrittiva al mondo in termini di utilizzo dei prodotti chimici. Criminalizzare indiscriminatamente l’agricoltura convenzionale significa misconoscere i grandi passi in avanti da essa compiuti nell’ultimo trentennio, grazie alla revisione europea dei prodotti fitosanitari, alla diffusione sempre più capillare della lotta guidata ed integrata sostenuta finanziariamente anche dall’Unione Europea tramite le misure agroambientali dei Programmi di Sviluppo rurale delle Regioni e dal PAN, (Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari – Direttiva  2009/128/CE).

La corilicoltura non è stata da meno in questo processo: si pensi, ad esempio, all’inerbimento dei noccioleti, alle attività di monitoraggio di cimici e balanino che hanno consentito il passaggio da una lotta a calendario ad una guidata, con una significativa riduzione del numero di trattamenti, allo sviluppo della meccanizzazione alternativa all’impiego di diserbanti, ecc.  Non si possono misconoscere questi progressi, tutt’ora in corso, ottenuti con sforzi dal settore e che spesso sono anche ripagati con prezzi poco remunerativi.

Gli agricoltori non amano giocare con la chimica e hanno capito a loro spese che bisogna fare un uso limitato dei prodotti fitosanitari non solo per i rischi per la loro salute e per l’ambiente ad essi connessi, ma anche perché i nuovi formulati, caratterizzati da un miglior profilo ecotossicologico ed efficaci a dosi molto più basse di quelli impiegati un tempo, sono assai più costosi.

Non scriviamo questo articolo dal Lazio e dall’esterno risulta difficile comprendere tutte le dinamiche locali in corso e pregresse, ma restiamo perplessi riguardo a questo che sembra quasi un “accanimento” nei confronti della diffusione della nocciolo che notoriamente è una delle colture da frutto meno impattanti: il termine “intensiva” con cui si accompagna da parte di alcuni la sua coltivazione sembra usato ad arte per veicolare l’idea di una coltura che richiede grandi input chimici e non solo. Sicuramente l’aspetto paesaggistico non può essere trascurato, ma il noccioleto è una delle colture più simili al bosco con un effetto positivo sul sequestro di anidride carbonica. Del resto molte zone agricole italiane sono caratterizzate dalla presenza di una monocoltura e questa può diventare proprio la tipicità di un territorio: pensiamo ad esempio alle risaie del Vercellese, o agli uliveti della Puglia, ai vigneti e ai noccioleti delle Langhe, ecc.

Non resta che augurarci che il dialogo possa proseguire nell’interesse generale del rispetto dell’ambiente, dell’attività imprenditoriale degli agricoltori e della valorizzazione delle tante eccellenze italiane tra le quali la nocciola ha un suo posto importante.

Puoi rivedere l’incontro al seguente link: https://www.facebook.com/biodistretto.amerina/videos/813269656293979

Copyright: NocciolaRe

Pubblicato 15-06-2021

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