I risultati del X Convegno internazionale sulla nocciola. Intervista al prof. Roberto Botta

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Dal 5 al 9 settembre 2022, presso la Oregon State University (OSU) a Corvallis in Oregon (USA), si è tenuto il X Congresso Internazionale sul nocciolo organizzato dalla Società Internazionale per le Scienze Orticole (ISHS).

Questo evento si tiene ogni quattro anni in diversi paesi da oltre 30 anni. Si tratta della più importante assise scientifica sul nocciolo a livello mondiale a cui partecipano accademici, ricercatori, agricoltori, aziende private e organizzazioni governative di molti paesi.

Al congresso vengono riportati i più recenti risultati conseguiti dai ricercatori di tutto il mondo e diviene così possibile fare una sintesi sullo stato attuale della ricerca scientifica.

I lavori quest’anno sono stati articolati in sette sezioni tematiche che riguardavano praticamente tutti gli aspetti della corilicoltura. Gli atti integrali saranno pubblicati su Acta horticulturae

Il prof. Roberto Botta dell’Università di Torino è stato uno dei protagonisti a Corvallis ed è coordinatore del gruppo di ricerca sul nocciolo dell’ISHS. Gli abbiamo chiesto di rispondere ad alcune domande per consentire ai nostri lettori di conoscere i risultati più salienti della ricerca mondiale presentati al convegno.

Prof. Botta, gli agricoltori nutrono molte aspettative nei confronti del vostro lavoro di ricercatori. Quali sono state a suo avviso le novità di maggior spicco emerse nel corso del convegno, che potrebbero dare un valido contributo alla soluzione dei tanti problemi con cui devono confrontarsi quotidianamente i nostri corilicoltori?

L’attuale situazione vede in primo piano la necessità di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, contrastare l’aumento dei costi dell’energia, migliorare in modo sostenibile le tecniche colturali e la lotta contro alcune avversità. Il convegno non poteva risolvere tutti questi problemi ma è stato di un ottimo livello scientifico ed ha portato il suo contributo.  Enfasi particolare hanno avuto il miglioramento genetico, la gestione del corileto, la lotta alla cimice asiatica.

Visita ai campi sperimentali OSU – Foto R. Botta

In particolare ci sono importanti novità per quanto concerne il panorama varietale, il vivaismo, la gestione del corileto, la lotta alle avversità, il contenimento dei polloni e l’adattamento ai cambiamenti climatici?

Il panorama varietale non si è ampliato di molto in questi anni, il maggior numero di cultivar è stato selezionato nel programma di miglioramento genetico dell’OSU. Si tratta di materiale in fase di valutazione in campi varietali in Italia, insieme con cultivar tradizionali e selezioni delle Università di Perugia e Torino. Nei prossimi anni si potrà dire se sono competitive nei nostri ambienti per qualità e produttività rispetto alle 3 principali varietà italiane.

Sono stati presentati diversi poster sulla micropropagazione, tecnica ormai consolidata ed utilizzata per la produzione commerciale di piante dai vivai italiani, ma comunque sempre migliorabile. Diversi anche gli studi che riguardano i portinnesti non polloniferi derivati da Corylus colurna, con attenzione sulle loro caratteristiche bio-agronomiche. In futuro l’innesto su portinnesti selezionati si diffonderà maggiormente e potrà migliorare le prestazioni della pianta.  

Le forme di allevamento del futuro saranno orientate verso il monocaule con densità d’impianto più elevate, la potatura meccanica e l’applicazione di tecniche di agricoltura di precisione per la fertilizzazione, l’irrigazione e la lotta a patogeni ed insetti. Riguardo alla gestione del suolo sono stati presentati prevalentemente lavori americani che valutano l’efficacia di diverse soluzioni per il controllo del cotico erboso, includendo l’uso di diserbanti da noi non utilizzabili. Inoltre, è stato proposto un prototipo di sistema di diserbo con corrente elettrica ad alto voltaggio prodotta da una dinamo collegata alla presa di forza della trattrice. Per la spollonatura è stato valutato l’uso dell’auxina acido naftalenacetico, molto efficace (1-2 trattamenti/anno) ma costoso alle dosi di utilizzo. La nutrizione minerale è stata oggetto di diversi studi sia per definire le sintomatologie conseguenti a carenze, sia per meglio comprendere le dinamiche di allocazione degli elementi nella pianta, anche in relazione alla disponibilità idrica e alla qualità della nocciola.

Prototipo di macchina raccoglitrice – Foto R. Botta

Riguardo alla lotta, tralasciando i numerosi lavori americani su avversità che fortunatamente non abbiamo, tra cui il fungo agente dell’Eastern Filbert Blight e la Cydia latiferrana, va segnalata un’intera sessione dedicata alle cimici con particolare approfondimento sulla cimice asiatica che è presente sia in Europa sia in Nord America. Per quest’ultima si punta sul controllo biologico, non sufficiente da parte dei parassitoidi autoctoni, ma in aumento da parte della vespa samurai Trissolcus japonicus, presente sia in Nordamerica che in Italia. Si stanno studiando anche sistemi modellizzati di monitoraggio del ciclo riproduttivo delle cimici per ottimizzare e rendere più tempestivi e meno impattanti gli interventi con pesticidi.

Tra i patogeni si è parlato del nuovo oidio del nocciolo che ha destato preoccupazione in Turchia, per poi ridurre nell’ultimo periodo il suo effetto negativo sulla produttività. E’ comunque un patogeno la cui incidenza è ancora in valutazione nei nostri areali dove può essere necessario fare specifici trattamenti.

La capacità delle cultivar di adattarsi ai cambiamenti climatici farà la differenza nei prossimi anni. Il nocciolo è sensibile alle alte temperature e ai bassi livelli di umidità dell’aria, specialmente quando la disponibilità idrica non è ottimale. Gli studi stanno evidenziando una diversa risposta delle cultivar che potrebbe condizionare le scelte varietali future ed aprire nuove linee di miglioramento genetico. In parallelo si stanno mettendo a punto sistemi di valutazione delle necessità idriche e dello stress nel corileto, sia tramite  sensori, sia con tecniche satellitari. L’obiettivo è quello di restituire alla coltura, ove è possibile irrigare, le quantità esatte di acqua rilasciate nell’atmosfera con l’ET attraverso sistemi automatizzati di irrigazione a microportata.

Programma di miglioramento genetico dell’Università dello Stato dell’Oregon – Foto R. Botta

Quali sono stati i contributi portati dal suo gruppo di lavoro?

A Torino abbiamo ereditato il lavoro di miglioramento genetico iniziato dal Prof. Romisondo e successivamente portato avanti dai Proff. Me e Radicati. Oggi continuiamo a lavorare in questo contesto anche se con tecniche e tecnologie più avanzate. In Oregon abbiamo portato un lavoro che sintetizza questi anni di lavoro in cui ci siamo concentrati sulla conoscenza della struttura genetica del nocciolo per poter gestire il miglioramento genetico con maggior efficienza ed in modo mirato. In particolare stiamo mettendo a punto, in collaborazione con l’Università della Tuscia ed istituzioni di ricerca internazionali, tecnologie che permettono di modificare i geni delle cultivar di pregio per migliorarle ulteriormente senza introdurre DNA estraneo che produrrebbe una pianta transgenica. Abbiamo anche presentato un poster con informazioni preliminari sulla valutazione varietale, lavoro svolto in collaborazione con le Università italiane di Perugia e Salerno.

Al convegno ha avuto la possibilità di confrontarsi personalmente con molti altri colleghi di diverse nazioni con cui intrattiene normali rapporti. Come esce la ricerca italiana in campo corilicolo dal confronto con quella degli altri paesi? Al di là degli aspetti finanziari che rappresentano una storica piaga, secondo lei cosa potrebbe rendere più produttiva la ricerca nazionale?

I ricercatori italiani erano numerosi ed hanno presentato diversi lavori orali di ottimo livello che insieme ai poster hanno coperto tutte le macrotematiche del Convegno, evidenziando la presenza di competenze di settore ampie e puntuali. Una dottoranda italiana è stata premiata per la migliore presentazione orale tra i giovani con un lavoro riguardante l’architettura del ramo e le conseguenti scelte di potatura.

I dati statistici dimostrano che la ricerca italiana è tra le più produttive al mondo (rapporto tra finanziamenti e risultati pubblicati). Tuttavia, il nocciolo è una specie arborea perenne e il sistema noccioleto è estremamente complesso. Per lavorare meglio sarebbe molto utile poter contare su una disponibilità più continua di fondi. In Oregon hanno potuto mantenere attiva e dare continuità all’attività di ricerca e miglioramento genetico oltre che non fondi pubblici anche grazie al finanziamento diretto e costante dei produttori che investono in ricerca alcuni centesimi per ogni libbra di nocciole vendute. La collaborazione tra enti che studiano il nocciolo è un altro elemento fondamentale per aumentare il successo della ricerca nazionale, ed è quanto si sta verificando spontaneamente da diversi anni, anche grazie ai convegni come quello svoltosi in Oregon che consentono ai ricercatori di conoscersi e di avviare progetti insieme.

Ringraziamo il prof. Roberto Botta che ancora una volta con grande competenza e  disponibilità ha condiviso con noi e con i nostri lettori le sue conoscenze.

Il prossimo convegno mondiale si terrà a Pechino dal 4 all’8 agosto 2025.

Copyright: NocciolaRe

Pubblicato: 04-10-2022

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