Crescono le segnalazioni di cancri rameali sul nocciolo da diverse regioni d’Italia. Si tratta di malattie causate da diverse specie fungine che producono sintomi analoghi, ma il fungo che troviamo più frequentemente è Cytospora corilicola. Questo micete già all’inizio del ‘900 è stato segnalato sul nocciolo come agente di cancri del legno e del mal dello stacco, di solito in impianti vecchi, malcurati e troppo fitti, ma recentemente si riscontrano danni anche a carico di noccioleti più giovani e con tale intensità da preoccupare giustamente i corilicoltori.
Questa recrudescenza verosimilmente è da mettere in relazione con le anomalie climatiche degli ultimi anni, caratterizzati da scarsità di piogge e da elevate temperature protrattesi per lungo tempo. I funghi del genere Cytospora, come gli altri agenti di cancro, infatti si comportano normalmente come parassiti di debolezza che colpiscono le piante stressate da cause diverse. Quindi non dobbiamo stupirci di queste recrudescenze dopo due anni di clima fortemente anomalo che ha messo a prova la sopravvivenza dei noccioli. In un certo senso sono la conseguenza dei cambiamenti climatici. Ci auguriamo che le recenti precipitazioni cadute abbondanti in diverse aree corilicole contribuiscano al ridimensionamento anche di questo problema.
Bisogna poi ricordare che questi funghi sono dei patogeni da ferita, cioè non sono in grado di penetrare nei tessuti integri ma aggrediscono la pianta, in condizioni di elevata umidità e idonea temperatura, solo attraverso le ferite di qualsiasi natura, come tagli di potatura, lesioni da grandine, ferite di caduta delle foglie e delle perule.
Ma andiamo con ordine e iniziamo a conoscere meglio il patogeno. Sono diverse le specie del genere Cytospora segnalate sul nocciolo, ma la più frequente è C. corilicola, un fungo microscopico che produce sulla corteccia dei corpi fruttiferi di alcuni millimetri di diametro, simili a pustole di colore rosso aranciato, ognuna delle quali contenente una grande quantità di microscopici conidi, i germi infettivi che diffondono la malattia in presenza di acqua.
I primi sintomi sul tronco sono rappresentati da lesioni depresse, allungate, di colore bruno rossastro sotto le quali i tessuti legnosi appaiono imbruniti dalla necrosi. Sovente queste lesioni originano da ferite, tra cui quelle di potatura, e scendono lungo il tronco.
La pianta reagisce producendo tutto attorno un callo di cicatrizzazione leggermente rilevato, dando così origine ad un vero e proprio cancro corticale. Normalmente nel volgere di qualche anno, il fungo supera questa barriera e, quando la lesione giunge ad interessare tutta la circonferenza del tronco, questo secca completamente.
Sulle branche seccate si instaurano in un secondo momento altri funghi, prevalentemente Basidiomiceti appartenenti a generi diversi come: Phellinus, Schyzophillum, Trametes ecc. che causano la carie del legno il quale perde così la sua resistenza fisico meccanica. Contemporaneamente sopraggiungono anche insetti xilofagi come Scolitidi, Buprestidi e Cerambicidi che completano ulteriormente il degrado, per cui in presenza di forti venti le branche colpite si possono spezzare. Da qui deriva il nome di mal dello stacco dato alla patologia.
Come possiamo difenderci da questa malattia?
Non esistono trattamenti anticrittogamici efficaci in grado di risanare la pianta una volta che il fungo si è insediato, per cui tutto si gioca sulla prevenzione. Questa deve iniziare già a partire dall’impianto, evitando sesti troppo stretti.
La Cytospora, come gli altri agenti di cancri rameali, è un parassita da debolezza, quindi la più importante misura di prevenzione consiste nel mantenere gli impianti nelle migliori condizioni di sviluppo vegetativo. In sostanza si tratta di realizzare una gestione razionale del noccioleto che prevenga possibili stress e renda la pianta resiliente dopo che questi si sono verificati.
Di qui l’importanza di concimare correttamente, correggendo in particolar modo l’impoverimento in sostanza organica che caratterizza molti noccioleti. La sostanza organica è fondamentale sotto diversi punti di vista non solo perché apporta nutrienti, ma anche perché favorisce la microflora del terreno, migliora la sua struttura e aiuta la conservazione dell’acqua.
Utile può essere anche l’impiego di biostimolanti ed integratori che potenziano le reazioni di difesa delle piante.
Con i cambiamenti climatici, verosimilmente nel futuro sarà sempre più necessario irrigare anche il nocciolo, pur essendo questa tradizionalmente una coltura asciutta. Per cui, dotare i nuovi impianti di sistemi di microirrigazione, serve anche ai fini della prevenzione di questa patologia.
Una volta che la malattia è entrata nel nostro noccioleto cosa possiamo fare?
Anzitutto occorre eliminare tempestivamente le parti colpite, allontanandole dal campo perché dalle branche infette il fungo continua a diffondere l’infezione.
Le ferite sono la via d’ingresso del fungo nella pianta, pertanto nei noccioleti più colpiti è utile proteggerle con trattamenti anticrittogamici appena si sono formate, cioè dopo le potature e le grandinate come anche all’epoca di caduta delle foglie e alla rottura delle gemme a fine inverno.
Nelle prove di lotta condotte in passato sono stati conseguiti risultati interessanti con prodotti rameici che, oltre ad essere registrati sul nocciolo, hanno anche il vantaggio di essere persistenti e di non interferire con i processi di cicatrizzazione delle ferite.
Quando si fanno interventi di ristrutturazione dei vecchi impianti, è utile proteggere i grossi tagli con mastici medicati. Un rimedio economico ed efficace è rappresentato da spennellature di colle vinaviliche mescolate con rameici ad alta concentrazione. E’ un intervento che richiede tempo ma che è efficace se effettuato su organi completamente sani, mentre è inutile se permangono sulla branca ancora porzioni di legno necrotico.
Autore: Ivano Scapin
Copyright: NocciolaRe
Pubblicato: 15-05-2023