Anche per il 2019, come per ogni anno, ottobre rappresenta il momento ottimale per tirare le fila ed esprimere una valutazione reale di quella che è stata la campagna della nocciola. Si sono infatti ormai concluse le operazioni di raccolta e alle ipotesi e alle previsioni si sostituiscono finalmente numeri veri. In realtà i presupposti iniziali – parliamo dei mesi invernali, quelli in cui avviene la fioritura del nocciolo e nel corso dei quali l’eventuale frequenza delle precipitazioni può sfavorire l’impollinazione – erano di grande fiducia: poche piogge, solo alcuni giorni a cavallo tra gennaio e febbraio, e leggere brezze che favorivano la diffusione del polline. Anche l’uniformità del germogliamento permetteva di sperare in una grande annata di carica.
Da aprile però tutto è cambiato e alcuni giorni di venti tesi e freddi, seguiti da diverse settimane di precipitazioni frequenti, hanno invertito la tendenza tanto che la raccolta 2019 verrà ricordata come una delle meno generose. È a tutti noto che, mentre l’impollinazione avviene nei mesi invernali, la fecondazione dei fiori femminili che darà il via alla formazione della nocciola avviene proprio nel mese di maggio, quest’anno caratterizzato da forti sbalzi termici e piogge continue. In questa situazione fisiologicamente difficile, l’allegagione dei frutti non è stata ottimale e molte nocciole che via via andavano formandosi, invece di riempirsi e maturare, regredivano, venendo meno lo sviluppo dell’embrione. Già esternamente al guscio, ancora verde, si potevano notare fenomeni degenerativi con la comparsa di macchiette brune, colorazioni bronzate ed emissioni di guttule di essudati.
All’inizio di agosto, con un netto ritardo rispetto alle precedenti annate, si è assistito a una fortissima cascola di frutti vuoti e quella che era considerabile un’annata di produzione abbondante in pochi giorni si è trasformata in una delle più scarse degli ultimi anni. Le stime oggi sono veramente ingenerose e tra gli addetti ai lavori si parla di produzioni dimezzate nonostante nuovi giovani impianti stiano iniziando a dare i loro frutti. Non è andata meglio nel resto d’Italia dove, presumibilmente per le stesse ragioni, i fenomeni osservati in Piemonte si sono ripetuti fedelmente.
A caratterizzare negativamente l’annata ha certamente contribuito l’halyomorpha halys, la cimice asiatica, che ha fatto la sua comparsa più tardivamente rispetto alle passate campagne, ma che ha poi abbondantemente attaccato i frutti, ormai lignificati ma non ancora caduti. Il risultato finale non è quindi solo quello di ridotta produzione ma di una presenza sensibile di frutti cimiciati che obbligherà gli utilizzatori a selezioni molto più severe e onerose.
Una buona notizia giunge invece dal fronte prezzi che si sono assestati, per la nostra varietà piemontese, attorno ai 10 euro per punto di resa e qualcosa di più per le partite certificate con l’Igp nocciola Piemonte. Rimane comunque il fatto che di nocciole prodotte quest’anno in Piemonte ce ne saranno proprio poche passando dalle normali 11-12.000 tonnellate a 5-6.000 e nemmeno le quotazioni elevate del prodotto potranno compensare i corilicoltori del calo produttivo subìto.
Se un’annata poco produttiva può essere messa in conto, l’apprensione dei corilicoltori riguarda i mezzi che avremo in futuro a disposizione per controllare la diffusione della cimice asiatica. Speranze sono nate a seguito della notizia del via libera del Governo italiano alla sperimentazione riguardante il Trissolcus japonicus, la cosiddetta vespa samurai. Non bisogna però farsi confondere dalla notizia, in quanto la sperimentazione potrà per il momento aver luogo solo in ambienti chiusi e non si parlerà di lanci dell’imenottero parassitoide all’aperto fino a quando non vi sarà la certezza che la sua introduzione non crei problemi ancora più gravi rispetto alla diffusione della cimice asiatica stessa. La possibilità che in futuro si liberi nell’ambiente la vespa samurai – e quando eventualmente questo potrà avvenire – è al momento impossibile prevederlo.
Ai corilicoltori non resta al momento che prepararsi alla prossima campagna preparando le piante a portare la nuova produzione con le consuete fertilizzazioni fogliari, ormai comuni nella fase che precede la caduta delle foglie stesse.
Alberto Pansecchi
Pubblicato 26-10-2019
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