Funghi micotossigeni e micotossine possono contaminare la frutta secca sia in campo, sia in conservazione. Diverse le strategie di prevenzione e difesa, nonché le pratiche di detossificazione efficaci contro le micotossine.
La frutta secca, ricca di nutrienti e sostanze fitochimiche, esplica effetti benefici sulla salute umana. È consumata principalmente fresca o tostata, ma anche in prodotti derivati, quali creme spalmabili, oli o salse e molti altri preparati. Il consumo di frutta secca è notevolmente aumentato anche in conseguenza dell’introduzione di tali alimenti nelle recenti linee guida per una sana alimentazione, che hanno evidenziato i benefici per la salute umana legati al loro consumo. I dati raccolti da una ricerca di Nielsen nel 2017 evidenziano un aumento delle vendite, sia a peso variabile sia a peso imposto, pari all’11,6%, con un indotto complessivo di 890 Ml €.
La contaminazione da funghi micotossigeni e micotossine nella frutta secca può avvenire in diversi momenti. Può presentarsi in campo prima della raccolta quando ancora i frutti sono sulle piante. Quando i frutti sono maturi possono essere, infatti, contaminati da spore fungine, favorite anche da lesioni provocate da insetti. La seconda fase di contaminazione avviene nel post-raccolta, nel momento in cui i frutti vengono sottoposti a decorticazione, lavaggio e smistamento. Il processo di lavaggio può essere una fonte di contaminazione; l’umidità difatti rende i frutti più suscettibili alla crescita fungina e allo sviluppo di micotossine. Il terzo stadio di contaminazione è rappresentato dalla fase di conservazione, in particolare quando i frutti vengono conservati in condizioni di temperatura e umidità errate. A causa della composizione chimico-fisica della frutta secca, l’attacco da parte di specie micotossigene risulta particolarmente favorito. Queste contaminazioni, oltre che essere fonte di ingenti perdite economiche, costituiscono un grave rischio per la salute umana.
I funghi micotossigeni nella frutta secca
I funghi appartenenti al genere Fusarium, Aspergillus e Penicillium sono comunemente ritrovati negli alimenti e molte delle specie sono riconosciute come potenzialmente micotossigene. Sono presenti in numerose matrici alimentari quali cereali e frutta secca, ma anche su mangimi destinati alla nutrizione animale (foraggi, mangimi, farine e insilati).
I funghi appartenenti al genere Fusarium in genere infettano in campo, mentre i generi Aspergillus e Penicillium sono associati al post-raccolta e alla conservazione (Rodrigues et al., 2012). I funghi appartenenti a questi generi generalmente crescono ad un livello di umidità relativa del 70-90% e a temperature di 20-25°C. Le specie di Fusarium per crescere necessitano di attività dell’acqua (aw), che è un indice relativo alla quantità d’acqua libera da legami con altri componenti, minima di 0,85, ma presentano una crescita ottimale per valori di aw pari a 0,99. I generi Aspergillus e Penicillium sono in grado di adattarsi a condizioni più estreme riuscendo a crescere in presenza di valori di aw inferiori, con un valore minimo compreso tra 0,75-0,85 e un valore ottimale di crescita compreso tra a 0,93-0,98.
Nello specifico, per il genere Aspergillus, i maggiori contaminanti della frutta secca sono rappresentati dalle specie di Aspergillus appartenenti alla sezione Flavi: A. flavus e A. parasiticus. Queste specie per crescere necessitano di un valore minimo di aw pari a 0,73 e riescono a sopravvivere ad elevate temperature (30-40°C). Il genere Penicillium necessita di valori di aw superiori a 0,78-0,80 e comprende specie in grado di sopravvivere sia a basse temperature sia ad alte temperature, con una temperatura ottimale compresa tra 25 e 30°C.
Uno studio condotto da Rodrigues et al. (2012) raccoglie dati riguardanti il microbiota di mandorle e castagne evidenziando la presenza di specie appartenenti al genere Aspergillus sezione Flavi e al genere Penicillium sia in campo sia in conservazione. La presenza di Penicillium spp., Aspergillus flavus e A. parasiticus su arachidi, noci e pistacchi è stata largamente documentata ed è particolarmente favorita in paesi a clima caldo (Baquião et al., 2012). Le specie maggiormente presenti su frutta secca appartengono al genere Penicillium serie Solita e Camemberti, tra cui ricordiamo P. discolor, P. crustosum, P. echinulatum e P. expansum (sezione Penicillium) (Frisvad e Samson, 2004).
Le micotossine sono metaboliti secondari prodotti da alcune specie di funghi capaci di causare numerose patologie e in alcuni casi anche la morte di animali e dell’uomo. Tra le principali micotossine prodotte dal genere Fusarium ritroviamo: fumonisine (B1, B2, B3), tricoteceni tra cui il deossinivalenolo (DON) e lo zearalenone (ZEA). Tra le micotossine principali prodotte dal genere Penicillium ritroviamo: ocratossina a (OTA), patulina (PAT), acido penicillico (PA), penitrem A (PenA), acido ciclopiazonico (CPA), acido micofenolico (MPA), citrinina (CIT) e roquefortina C (RoqC) (Frisvad et al., 2004). Le micotossine del genere Aspergillus sono le aflatossine (AFB1, AFB2, AFG1 e AFG2) e sono prodotte da alcune specie della sezione Flavi. Inoltre, alcuni studi hanno evidenziato la possibilità per alcune specie di Aspergillus di produrre l’ocratossina A e la citrinina, comunemente prodotte da specie appartenenti al genere Penicillium.
Fattori predisponenti la contaminazione fungina e da micotossine
Lo sviluppo di funghi e la possibile formazione di micotossine è possibile già in campo e si estende lungo la filiera di produzione in fasi che vanno dalla raccolta alla conservazione, per arrivare sino al consumatore finale. I fattori predisponenti la colonizzazione fungina e/o la produzione di micotossine sono stati ampiamente studiati, dimostrando la necessità della presenza sinergica di fattori fisici, chimici e biologici. La contaminazione fungina può verificarsi in campo prima della raccolta: danni alle colture dovuti a siccità, insetti, ritardo nella raccolta ed eventi atmosferici come forti piogge e gelate possono favorire la contaminazione fungina e il conseguente possibile sviluppo di micotossine. Uno studio di Prencipe et. al. (2018) ha evidenziato una maggiore incidenza di A. flavus in campo su castagne dovuto alle elevate precipitazioni nel periodo di raccolta.
Inoltre, durante le fasi di conservazione, i frutti sottoposti a sgusciatura, lavaggio ed essiccazione sono più suscettibili alle contaminazioni fungine perché l’utilizzo di acqua può essere fonte di contaminazione e il tempo di permanenza nel mezzo insieme ad inefficaci tecniche di essiccazione possono creare condizioni favorevoli allo sviluppo fungino. La contaminazione può avvenire anche in conservazione, dove particolare attenzione va prestata alle condizioni di temperatura, umidità relativa, ventilazione ed ai tempi di permanenza in magazzino.
I fattori che risultano essere ottimali per la crescita dei funghi non coincidono con quelli necessari per la produzione delle micotossine. La temperatura ottimale di crescita di A. flavus, per esempio, è compresa tra 30 e 33°C, mentre la produzione di aflatossine si riduce notevolmente sotto 25 e sopra 37°C (Gallo et al., 2016). Anche l’umidità, così come la temperatura, favorisce la crescita e la produzione di micotossine. Questi valori differiscono però anche in funzione dell’ospite, ad esempio su mais la temperatura ottimale per la produzione è intorno a 30-35 °C, mentre su arachidi è di 28°C (Liu et al., 2017).
Micotossine: tossicità e limiti di legge
I tenori massimi consentiti per i livelli di micotossine e di altri contaminanti negli alimenti sono stabiliti nel Reg. Europeo (Ce) n. 1881/2006 e dalle successive modifiche. Le disposizioni relative ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine sono state introdotte con il Reg. (Ce) n. 401/2006. In Italia, Il Ministero della salute ha istituito un piano nazionale di controllo ufficiale delle micotossine negli alimenti valido anche per gli anni 2016-18, al fine di offrire un sistema di controllo efficace per garantire la sicurezza dei prodotti alimentari, in accordo con la legislazione europea.
I tricoteceni e lo ZEA sono classificati dalla IARC come non carcinogeni per l’uomo (gruppo 3), mentre la fumonisina B1 è classificata come possibile cancerogeno per l’uomo (gruppo 2B). Tra le Fusarium-tossine, le fumonisine sono regolamentate per prodotti a base di cereali e grano con livelli variabili compresi tra 200 e 4000 μg/kg, mentre per il DON tra 200 e 1750 μg/kg, per prodotti quali cereali, grano e prodotti destinati al consumo. L’ocratossina A e la citrinina sono entrambe nefrotossine e possono causare immunotossicità, cancerogenicità e genotossicità. Inoltre, l’OTA è stata classificata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come “possibile agente cancerogeno per l’uomo” (gruppo 2B). Per alcuni prodotti destinati al consumo umano, quali caffè, vino, uva passa, cereali e derivati, i livelli di ocratossina A sono variabili, e compresi tra 0,5 e 10 μg/kg. La patulina, anche se non classificata come cancerogena, ma con effetto mutageno, è soggetta a regolamentazione con i limiti massimi ammissibili nei prodotti destinati all’alimentazione umana con tenori variabili tra 10 e 50 μg/kg per bevande fermentate, succhi, nettari di frutta e sidro contenenti mele. Nessuna regolamentazione sui tenori massimi per la frutta secca è presente per le micotossine sopra citate, fatta eccezione per le aflatossine.
Le aflatossine sono classificate dalla IARC come “cancerogene per l’uomo” (gruppo 1). Per l’Italia i tenori massimi di aflatossine nei prodotti alimentari sono definiti dal Reg. (Ue) 165/2010 e sono suddivisi per la presenza della sola aflatossina B1 oppure per la presenza delle aflatossine totali (B1, B2, G1 e G2). In generale, per la frutta a guscio vengono distinti i tenori massimi relativi ai prodotti che devono essere sottoposti a cernita o trattamenti fisici con tenori variabili tra 5-15 μg/kg o tenori massimi relativi a prodotti destinati al consumo diretto con valori compresi tra 2-10 μg/kg in funzione della matrice. Noci e nocciole del Brasile, arachidi e pistacchi hanno livelli massimi fissati per matrice, per quanto riguarda le castagne i tenori massimi sono inclusi nella categoria frutta a guscio, diversa dalla frutta a guscio precedentemente elencata.
Le micotossine nella frutta secca
Le micotossine sono secrete dal fungo in crescita durante la produzione di conidi e la formazione di sclerozi. In generale, sono prodotte in relazione a squilibri di natura nutrizionale e ambientale e, le condizioni che ne favoriscono la produzione variano in funzione della specie produttrice e dalla matrice in esame.
In uno studio svolto in Turchia, il 7% dei campioni di nocciole, noci, arachidi e mandorle è risultato positivo alla presenza di AFB1. Più recentemente Georgiadou et al. (2012) hanno ritrovato numerosi campioni di pistacchi contaminati da aflatossine in conservazione, con livelli che superano i limiti di legge. Uno studio di Tolosa e colleghi (2013) ha mostrato inoltre la presenza di alcune Fusarium-tossine emergenti con un’incidenza di contaminazione del 63,5% in nocciole, noci, arachidi, mandorle e pistacchi. Alcuni studi hanno inoltre riportato la presenza di OTA, PenA, chetoglobosina A e C, DON e ZEA in castagne fresche (Donis-Gonzales et al. 2016).
I maggiori problemi legati alle aflatossine in Italia sono connessi all’importazione di derrate alimentari da Paesi a clima caldo-umido che ne favoriscono lo sviluppo. La contaminazione dei prodotti italiani da aflatossine risulta minore per motivi legati al clima e all’utilizzo di tecniche e processi efficaci di raccolta e conservazione. Seppure i problemi italiani siano di livello inferiore, negli ultimi anni ci sono state segnalazioni di contaminazioni da aflatossine e altre micotossine oltre i limiti di legge. Gli studi di Pietri et al. (2012) e Bertuzzi et al. (2015) riportano la contaminazione di prodotti industriali derivati dalla castagna da aflatossine, OTA, citrinina, RoqC e MPA. Secondo dati ARPA (2013), l’analisi di frutta secca e di frutta a guscio e derivati riporta una contaminazione da aflatossine pari al 20 e 58% rispettivamente, seppur con concentrazioni entro i limiti di legge. Le matrici più contaminate risultano le nocciole (81%) e le castagne (89%). Per queste ultime, l’11% dei campioni risulta contaminato con livelli superiori ai limiti di legge. Dai controlli ufficiali risulta inoltre una contaminazione di nocciole da OTA pari al 17% dei campioni analizzati. Secondo i dati raccolti nel 2016, in applicazione del Piano nazionale di controllo ufficiale delle micotossine negli alimenti, sono risultati 4 campioni non conformi su 135 campioni di frutta secca/a guscio analizzati per AFB1 e AF totali. Queste segnalazioni hanno portato alla richiesta di un abbassamento dei tenori massimi italiani consentiti per le aflatossine visti anche i cambiamenti climatici degli ultimi anni che stanno favorendo la comparsa di queste micotossine su diverse matrici (Battilani et al., 2017; Prencipe et al., 2018).
Prevenzione della contaminazione da micotossine nella frutta secca
Al fine di prevenire la contaminazione da micotossine risulta necessario studiare l’ecologia delle specie produttrici in relazione alla matrice analizzata. A tale scopo la FAO e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), per proteggere la salute dei consumatori e assicurare la correttezza degli scambi internazionali, hanno elaborato un Codice di Buone Pratiche (Codex Alimentarius), atto ad uniformare il controllo e la gestione della contaminazione da micotossine. Il codice viene applicato per tutta la frutta a guscio di interesse commerciale, comprese le mandorle, le nocciole, le castagne, i pistacchi e le noci. Alcune pratiche possono essere utilizzate per prevenire e controllare tale contaminazione.
La raccolta anticipata dei frutti, preferibilmente manuale, per ridurre i danni meccanici, ed evitare il contatto con il terreno è efficace nel ridurre la possibilità di contaminazione fungina. Alcuni studi hanno inoltre evidenziato una relazione positiva tra raccolta anticipata e riduzione di aflatossine.
In post-raccolta, il processo di selezione e una rapida essiccazione per abbassare il livello di umidità riducono la possibilità di crescita di funghi. Durante la fase di conservazione, il mantenimento di bassi livelli di umidità (inferiore al 10%) e la corretta ventilazione diminuiscono sia la popolazione fungina sia la concentrazione di aflatossine. Inoltre, l’impiego di temperature tra 0 °C e 10 °C e dell’atmosfera modificata permettono di mantenere l’ambiente sfavorevole alla crescita fungina. La pulizia e la sanificazione degli impianti di conservazione riducono la contaminazione fungina da Aspergillus spp..
Alcuni studi hanno evidenziato come strategie di lotta biologica, mediante impiego di ceppi di A. flavus/A. parasiticus non tossigeni, siano efficaci non solo nella riduzione dei funghi, ma anche sulla riduzione della contaminazione da aflatossine durante la fase di conservazione e lungo tutta la filiera produttiva (Dorner e Cole, 2001). Possono risultare inoltre efficaci l’impiego di insetticidi e di fungicidi, applicati durante il ciclo colturale, per ridurre le infestazioni di parassiti animali e le infezioni fungine, accompagnate dalla riduzione delle micotossine, ma con la conseguente problematica della gestione dei residui di prodotti fitosanitari.
Metodi di detossificazione da aflatossine
Oltre che rappresentare un pericolo per la salute umana, la contaminazione da micotossine è causa di elevate perdite economiche e di un aumento dei costi dovuto anche ad operazioni di decontaminazione (Dorner e Cole, 2001). Una delle metodiche associate alla detossificazione da micotossine consiste nella rimozione fisica delle materie prime contaminate. Si tratta però di un processo difficile in quanto le matrici contaminate non possono essere visivamente distinte da quelle sane. Negli ultimi anni sono state sviluppate tecnologie in grado di differenziare i prodotti e rendere la rimozione più efficace, tra queste ricordiamo la spettroscopia ad infrarosso vicino (NIRS) e l’imaging iperspettrale (HSI), che spesso vengono impiegate insieme.
Tra i principali metodi fisici impiegati per la detossificazione di diverse matrici alimentari ritroviamo l’utilizzo di processi quali la cottura e la tostatura, ed è nota la loro efficacia nella decontaminazione. Recentemente, Siciliano et al. (2017) hanno dimostrato che l’utilizzo di un forno a infrarossi per la tostatura di nocciole trattate a 140°C ha prodotto buoni risultati, dopo 40 minuti di esposizione, inducendo una detossificazione per le quattro principali aflatossine senza indurre significativi cambiamenti nutrizionali.
Approcci di tipo biologico invece impiegano microorganismi per la detossificazione: ceppi di Flavobacterium aurantiacum, Trichoderma viride e Aspergillus niger sono stati ampiamente studiati per la detossificazione da aflatossine.
Ulteriori processi chimici sono stati applicati per la decontaminazione da micotossine nella frutta secca come, ad esempio, l’utilizzo dell’ozono, del plasma, degli UV o l’utilizzo delle radiazioni gamma (Chen et al., 2014; Di Stefano et al., 2014; Mao et al., 2016). Il plasma a freddo è stato ampiamente utilizzato per la decontaminazione da micotossine in diverse matrici alimentari. Se applicato come trattamento su nocciole decorticate contaminate da aflatossine ha mostrato buoni risultati con una decontaminazione maggiore del 70% (Siciliano et al., 2016).
Di Davide Spadaro, Simona Prencipe e Maria Lodovica Gullino
Pubblicato 17/05/2018
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