I coltivatori di nocciole attendono l’inizio dei lanci della vespa samurai contro la cimice asiatica. Intervista a due protagonisti.

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Il problema della cimice asiatica è particolarmente sentito nel comparto corilicolo, molto colpito negli anni precedenti e soprattutto penalizzato da una scarsa disponibilità di prodotti registrati e di efficaci tecniche alternative di difesa.

Adulto di Halyomorpha halys

Il laborioso iter di autorizzazione del parassitoide Trissolcus japonicus (vespa samurai) per la lotta biologica contro la cimice asiatica (Halyomorpha halys) ha fatto un grande passo in avanti con l’approvazione del Decreto del Ministero dell’Ambiente 2 aprile 2020 “Criteri per la reintroduzione e il ripopolamento delle specie autoctone di cui all’allegato D del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e per l’immissione di specie e di popolazioni non autoctone”. Finalmente Le Regioni e le Province autonome possono  inoltrare al Ministero dell’Ambiente la richiesta di autorizzazione all’introduzione nei propri territori del parassitoide T. japonicus , corredata dallo studio di valutazione che il CREA-DC (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi della Economia Agraria) ha preparato, riguardante benefici e possibili rischi per gli organismi non bersaglio derivanti dalla liberazione in natura di questo insetto alloctono. Solo dopo che il Ministero dell’Ambiente (tramite ISPRA) avrà dato parere favorevole su questo studio, sarà possibile procedere alla moltiplicazione e al  rilascio del parassitoide.

E’ condivisa l’opinione che tutto sarà pronto per poter partire operativamente nel prossimo mese di giugno, in tempo utile per garantire la massima efficacia della lotta.

 L’iter è stato lungo, ma sembra ormai giungere al termine. Fortunatamente nel frattempo sia Trissolcus japonicus che la specie congenere Trissolcus mitsukurii, entrambi efficaci parassitoidi oofagi della cimice asiatica, si sono spontaneamente diffusi nel nostro Paese, iniziando la loro utile  opera di contenimento .

 Abbiamo intervistato due esperti, che svolgono un ruolo importante in tutta questa operazione.

La professoressa Luciana Tavella  del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali ed Alimentari – Entomologia Generale e Applicata dell’Università di Torino, da anni si occupa delle cimici del nocciolo e attualmente sta studiando quella asiatica e i suoi antagonisti naturali sia  autoctoni che esotici. A lei abbiamo posto alcune domande per meglio comprendere le potenzialità della lotta biologica con la vespa samurai e le precauzioni da adottare per assicurarne la massima efficacia.

        –     Professoressa, agricoltori e tecnici sono convinti che grazie ai  lanci della vespa samurai possa essere rapidamente risolto il problema di Halyomorpha halys. Quando ragionevolmente   potremo aspettarci i primi concreti risultati?

Come già verificato nei casi precedenti, fra cui a titolo di esempio possiamo citare la lotta biologica classica contro il cinipide del castagno mediante l’introduzione di Torymus sinensis, l’insediamento, la diffusione e soprattutto l’attività dell’antagonista ai fini di un efficace contenimento del fitofago esotico richiedono tempi lunghi, qualche anno, a maggior ragione nei confronti di un insetto altamente polifago e mobile, e ormai stabilmente insediato e abbondante nel nostro territorio come Halyomorpha halys. I rilasci previsti hanno lo scopo di aiutare l’antagonista a diffondersi e a contrastare la cimice asiatica più rapidamente di quello che potrebbe avvenire naturalmente.

–        Quindi i tempi saranno lunghi e nel frattempo sarà necessario fare ricorso agli insetticidi, che però a loro volta sono pericolosi  anche per la vespa samurai. Quali strategie bisognerà allora mettere in atto per preservarla e consentirle di svolgere la sua utile azione?

Sicuramente gli agricoltori non devono abbassare la guardia. Come negli anni scorsi occorre proseguire con le attività di monitoraggio, coordinamento e allerta messe in atto con successo ad esempio sul territorio piemontese, e che hanno permesso di ridurre il danno causato dalla cimice asiatica alla produzione corilicola. La migliore strategia di difesa resta quella integrata che utilizza tutti i mezzi a disposizione, intervenendo con la lotta chimica soltanto quando è accertata la presenza dell’insetto e, ove è possibile, partendo con trattamenti di bordo per ritardare la colonizzazione del corileto e utilizzando prodotti ad effetto accessorio battericida, che si sono dimostrati efficaci contro Halyomorpha halys e al contempo innocui per i parassitoidi oofagi.

–         In quale misura potranno contribuire al risultato finale anche gli altri antagonisti naturalmente presenti nel nostro ambiente oppure introdotti recentemente in maniera spontanea come Trissolcus mitsukurii ?

Gli altri antagonisti indigeni, quale ad esempio il parassitoide oofago generalista Anastatus bifasciatus, continueranno a contribuire, anche se in piccola parte, al contenimento delle popolazioni della cimice asiatica così come quelle di altri fitofagi in ambienti più naturali. Discorso a se stante merita l’altro parassitoide esotico Trissolcus mitsukurii, rinvenuto già da alcuni anni nell’Italia nordorientale, e dall’estate scorsa anche in Piemonte. Pochi sono ad oggi gli studi su questo parassitoide anche nell’area di origine, sicuramente sul nostro territorio si sta diffondendo rapidamente. Infatti nel corso di un monitoraggio su larga scala, condotto nel 2019 con la collaborazione di 20 istituti in Nord Italia e Svizzera, Trissolcus mitsukurii  è risultato largamente presente nelle regioni dell’Italia nord-centrale e nord orientale. Nei prossimi anni sarà quindi importante studiare biologia e comportamento di questo parassitoide e soprattutto accertarne l’impatto nei confronti della cimice asiatica.

Il dottor Giovanni Bosio è l’entomologo del Settore Fitosanitario della Regione Piemonte che in passato tra l’altro si è occupato anche del programma di lotta biologica contro il cinipide galligeno del castagno. Suo è ora il compito di coordinare i programmi d’intervento contro la cimice asiatica in Piemonte. A lui vogliamo porre alcune domande per meglio comprendere come si orienterà la sua Regione.

  • Dottore, quali saranno nei prossimi anni le linee d’azione del Piemonte per il contrasto di questo fitofago ed in particolare quale ruolo assumerà la lotta biologica?

La Regione Piemonte, attraverso il  Settore Fitosanitario, ha partecipato attivamente alle iniziative promosse a livello nazionale con l’obiettivo di modificare la normativa del Ministero dell’Ambiente che negli ultimi anni di fatto impediva la  lotta biologica con insetti alloctoni.

Nel futuro  l’impegno si concentrerà soprattutto nei  lanci di Trissolcus japonicus, inoltre proseguirà l’azione nell’ambito dell’Osservatorio sulla cimice asiatica in sinergia con altri soggetti pubblici e privati. L’Osservatorio si occupa del  monitoraggio e dello studio della bioetologia della cimice asiatica in Piemonte, come della ricerca di soluzioni tecniche sostenibili per il contenimento dei danni e la difesa delle colture. Inoltre si fornirà al mondo agricolo una informazione puntuale  sul procedere degli interventi attraverso un apposito Tavolo istituzionale.

  • In particolare quanti saranno i siti di lancio e con quali criteri verranno individuati?

I siti di lancio previsti per il 2020 sono un centinaio individuati  in base a parametri oggettivi:  distribuzione sul territorio regionale delle colture più colpite; livelli di popolazione di H. halys  rilevati negli ultimi anni con l’ausilio delle trappole;  rispondenza dei siti a specifici requisiti vegetazionali (presenza di piante su cui la cimice ovidepone, facilità di accesso e di campionamento, ecc..); facilità di dispersione e insediamento nell’area circostante del parassitoide.

Per ogni sito è prevista l’introduzione di un centinaio di femmine e di un certo numero di maschi in due distinti periodi estivi. Questi siti saranno distanti tra loro da 5 a 20 km, con una distribuzione quanto più possibile omogenea sul territorio. I lanci non saranno realizzati direttamente nelle coltivazioni ma interesseranno aree “rifugio” costituite ad esempio da siepi, piante e alberi spontanei, vegetazione ripariale o alberate, non sottoposte ad alcun tipo di trattamenti parassitari e ubicate in prossimità delle colture da proteggere. Questo per evitare che questi imenotteri, di dimensioni molto ridotte e particolarmente sensibili, vengano falcidiati dagli interventi antiparassitari destinati a proteggere le produzioni agricole. Poiché la cimice asiatica, prima di colonizzare le coltivazioni, tende a stanziare e a riprodursi in queste aree di vegetazione naturale, l’attività del parassitoide porterà progressivamente a una riduzione della popolazione della fitofago prima che questo si sposti nelle colture. Va sottolineato che il Piano nazionale prevede una durata triennale di questi interventi.

  • Quali  istituzioni tecnico-scientifiche verranno coinvolte nel vostro programma e quali i loro ruoli?

In questa attività sono coinvolti a pieno titolo la Fondazione Agrion e il Disafa – Entomologia dell’Università di Torino, che da anni operano nell’ambito dell’Osservatorio sulla cimice asiatica precedentemente citato. Inoltre il Disafa da tempo è impegnato nello studio dei parassitoidi oofagi della cimice, sia autoctoni che esotici, per cui avrà il compito di riprodurre in laboratorio gli esemplari di T. japonicus forniti dal CREA di Firenze, una volta ottenuto il via libera da parte del Ministero dell’Ambiente. La collaborazione di Agrion è prevista sia per la individuazione dei siti di introduzione, sia per l’effettiva realizzazione dei lanci del parassitoide nel corso dell’estate.

Copyright: nocciolare.it

Data pubblicazione: 22-05-2020

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