I gruppi Facebook specializzati sul nocciolo hanno già ampiamente e tempestivamente documentato con grande ricchezza di immagini e video gli importanti danni causati dalle gelate registrate nella settimana dopo Pasqua e ne stanno adesso seguendo l’evoluzione. In tutte le zone corilicole i tecnici sono ora al lavoro per valutare la portata dei danni causati da questi eventi di gelo, eccezionali per alcune aree, che hanno interessato tutta l’Italia da nord a sud (e anche questo è un fatto eccezionale), generando perdite di produzione molto importanti per tutto il comparto frutticolo nazionale.
Si tratta di un compito arduo, oltre che “spiacevole”, in quanto la variabilità orografica di molti territori coltivati a nocciole genera altrettanta variabilità nelle basse temperature a cui sono state esposte le piante con una distribuzione dei danni a “macchia di leopardo”. Inoltre, mentre all’esame del fiore femminile quando la cavità dell’ovario si presenta imbrunita si può già considerare perso il frutto (vedi figura 1), non si può dare per sicuramente indenne il fiore che presenta i tessuti verdi in quanto il nocciolo si trova in questo periodo nella fase di sviluppo del tubetto pollinico verso l’ovario ed è pertanto difficile valutare l’effetto che i forti squilibri termici registrati possono avere su questo delicato processo fisiologico. Un quadro veramente chiaro si potrà avere con la cascola estiva dopo la quale si potrà valutare l’effettivo carico produttivo.
Il Viterbese appare la zona in assoluto più colpita, come ci racconta Romina Caccia, un tecnico libero professionista molto conosciuto che opera in zona: “le temperature delle notti del 7 e l’8 aprile sono scese anche a -10°C. Considerando che la soglia termica di danno ad esempio nella fase di tre foglie è indicativamente di -2,5°C, si può comprendere l’entità del fenomeno che, a detta di tanti, non si ricorda a memoria d’uomo e ha marginalmente interessato anche le zone in assoluto più vocate come Capranica, Caprarola, Corchiano e Sutri”.
I danni si presentano quindi molto variabili, interessando maggiormente le zone verso la pianura e i fondivalle dove la coltivazione del nocciolo si è andata espandendo in questi ultimi anni e comunque sono resi ancora più gravi dal fatto che la zona è in un anno di scarica e quindi già in partenza ci si attendeva una produzione inferiore rispetto al 2020. Inoltre in alcuni casi l’entità del danno è tale che si teme anche per la sopravvivenza stessa delle piante”.
Sia lei che altri tecnici che abbiamo interpellato ci hanno poi confermato di aver osservato una mitigazione, più o meno significativa a seconda di diversi fattori (posizione, temperature minime raggiunte), dei danni, laddove si è potuto procedere nei giorni precedenti le gelate, all’applicazione di prodotti biostimolanti specifici. Questo è un dato di esperienza che potrà tornare utile in futuro e che merita ulteriori approfondimenti e verifiche.
“Anche se per fare una stima più precisa dei danni ci vorrà ancora tempo e un quadro completo della situazione lo si avrà con la cascola estiva, è comunque già evidente che la perdita di produzione sarà realmente pesante” conclude Romina Caccia.
Anche per il Piemonte è ancora presto per una valutazione precisa delle perdite di raccolto causate dalle gelate. Abbiamo chiesto ad Alan Pizzinat di Agrion qualche anticipazione sulla base delle osservazioni dei tecnici coordinati dalla sua Fondazione. I danni sono consistiti nell’allessamento dei giovani germogli, mentre bisogna attendere per valutare l’eventuale presenza di necrosi a carico degli ovari: in questa fase l’ovario si sta formando per cui è difficile fare valutazioni. La distribuzione è stata a macchia di leopardo pressoché in tutte le aree corilicole della regione. La gravità è stata maggiore sulle giovani piante in pianura e nei fondivalle lungo i corsi d’acqua, mentre in collina hanno svolto un ruolo importante le esposizioni. Si può dire che ancora una volta è stata confermata la vocazionalità dei territori, nel senso che quelli più vocati a questa coltura sono stati più risparmiati.
Federico Spanna, referente per l’agrometeorologia del Settore Fitosanitario della Regione Piemonte, ci ha inoltre confermato che si è trattato di una gelata nera, così detta dal colore che assumono gli organi colpiti. Questo tipo di gelata è caratterizzata da assenza di brina ed è causata dall’azione congiunta dell’arrivo di aria gelida (avvezione) e dell’irraggiamento notturno in presenza di cielo sereno, accompagnati da bassa umidità relativa dell’aria. Infatti in Piemonte si sono registrate temperature minime fino a – 6,6 c° con umidità relative dell’aria non superiori al 20%.
Il crollo delle temperature verificatosi a cavallo del 7 e 8 Aprile non ha certo risparmiato la Campania e tutto il sud Italia. Come ci racconta Francesco Napolitano, Responsabile Tecnico della OP Cerere, “forte apprensione si sta vivendo nel comparto corilicolo campano dove proprio in questa settimana si farà la conta effettiva dei danni. Ad aggravare il quadro non proprio roseo di un’annata che si prospetta alquanto scarsa (annata di scarica) sono le temperature minime registrate, scese a valori compresi tra -1 e -3 a seconda delle zone. Dalle prime stime e riscontri da parte dei produttori, non si evidenziano però gravi perdite a livello regionale dovute al gelo verificatosi. In generale le zone pianeggianti, come quelle dell’agro – nolano, sembrano le più penalizzate con danni registrati a macchia di leopardo, laddove c’è la presenza di cv precoci come la San Giovanni. Serviranno, come nelle altre regioni, ancora diversi giorni per poter valutare tutto al meglio e dare un dato certo”.
Il comparto corilicolo italiano, già in sofferenza per un’annata con prezzi poco remunerativi delle nocciole, guarda con attenzione a questa situazione per capire se e quali ricadute potrà avere sul mercato considerando anche l’importante calo di produzione atteso in Turchia.
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Pubblicato 20-03-2021