Sono passati 34 anni da quando Jaime Armengolli ha incontrato per la prima volta ad Alba, in Piemonte, i dirigenti della Ferrero. Doveva raggiungere l’Italia per acquistare materiale genetico e avviare un progetto sulle nocciole in Cile ma invece si ritrovò negli uffici della celebre azienda dolciaria italiana. In quel momento non sapeva ancora che la sua vita sarebbe presto cambiata per sempre e il suo nome sarebbe stato collegato alla nascita della coltivazione di nocciole in Cile.
“All’inizio pensavo che mi considerassero una copertura per Nestlé o per un’altra azienda concorrente che voleva avviare un progetto sulle nocciole in Cile. Poi ho scoperto che Ferrero riteneva strategico cercare nuovi siti di produzione per le nocciole utilizzate per produrre la sua popolare Nutella” racconta Armengolli alle pagine del sito RedAgricola. “Dopo l’incidente nucleare di Chernobyl, la Turchia, il più grande produttore mondiale di nocciole, riconobbe che parte della sua produzione era a rischio contaminazione. Questo scatenò il panico: l’ingrediente principale di un prodotto per bambini non poteva essere associato alla radioattività”.
Nocciole cilene e Ferrero
L’interesse di Ferrero invece si dimostrò concreto e la volontà di iniziare a investire nella corilicoltura in Cile divenne presto realtà. Armengolli avviò il primo progetto europeo di nocciole nel Paese sudamericano testando sette diverse varietà portate dall’Europa su un campo di 38 ettari. Così Ferrero si interessò al potenziale del Cile. Il resto è storia: l’azienda, vedendo gli ottimi risultati di Armengolli, ha infatti avviato una propria produzione nel Paese.
“Quest’anno il Cile chiuderà con una produzione di circa 51.000 tonnellate a livello nazionale. Ma al ritmo che stiamo seguendo, supereremo le 100.000 tonnellate entro il 2030” spiega Armengolli.
I nuovi progetti di Armengolli
Invece di sfruttare la tendenza esplosiva della corilicoltura in Cile, l’imprenditore agricolo ha preferito dedicarsi ad altro. Ha infatti aggiunto solo 7 altri ettari ai 38 iniziali per coltivare le nocciole e ha cercato di intraprendere un’attività vivaistica nella regione dell’Araucanía senza però ottenere grandi risultati. Nel 2004 Armengolli ha comperato la prima raccoglitrice meccanica del Paese; poco dopo ha acquistato il primo essiccatore di frutta a guscio e la prima attrezzatura specializzata nella cernita delle nocciole. Poco più tardi, nel 2007, ha fatto arrivare dall’Italia la prima macchina per sgusciare le nocciole, che ha sostituito uno strumento che aveva costruito da solo.
Il suo obiettivo era infatti chiaro: cercare altri clienti, sia a livello nazionale che internazionale, per sviluppare canali alternativi a quello del gigante italiano. Si tratta di una missione particolarmente complicata, che molti prima di lui hanno fallito. Il motivo è semplice: il prezzo che Ferrero offre ai produttori locali.
“Il prezzo che Ferrero fissa per le nocciole cilene è migliore di quello che la stessa azienda offre ai produttori turchi, italiani o di altri Paesi – spiega Armengolli -. Altre centrali d’acquisto negli Stati Uniti e in Europa hanno cercato di rifornirsi di nocciole cilene, ma prima o poi hanno finito per abbandonare il mercato perché non riescono a realizzare profitti. Non possono competere con i prezzi che Ferrero offre ai produttori locali”.
Molti produttori tradizionali delle zone centrali e meridionali hanno infatti deciso, su impulso dello stesso Armengolli, di entrare nel business delle nocciole. Da qui i grandi numeri dell’ultimo periodo.
Nocciole cilene, le previsioni per il futuro
“Ci sono produttori che stanno sostituendo le colture precedenti con le nocciole. E non è che abbiano 100 ettari e dicano che ne pianteranno altri 10. Dicono che ne coltiveranno 200. Dicono che cresceranno di 200 ettari e ne avranno 300, il che dimostra che gli acquirenti stanno raggiungendo il loro obiettivo”, ragiona l’imprenditore.
L’obiettivo per il futuro è quello di diventare uno dei maggiori produttori a livello mondiale, dietro a Turchia e Italia che producono rispettivamente 800.000 e 150.000 tonnellate all’anno. “La cosa più probabile è che ci sia una sostituzione: si potrebbe smettere di acquistare dalla Turchia o da altre fonti che non sono così convenienti come la qualità che viene generata qui”, afferma Armengolli.
Chi sa se, dopo averci visto giusto 34 anni fa, non possa aver indovinato la previsione anche in questa occasione.
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Pubblicato: 19-09-2023