Buche nel terreno, asportazioni e rotture dei rami, decorticazione di giovani germogli e piante, fino alla ‘razzia’ vera e propria della parte più attesa dagli imprenditori agricoli: i frutti. Sono questi i principali danni che ghiri, caprioli e cinghiali stanno provocando in queste settimane nei noccioleti della provincia di Cuneo. Un fenomeno non certo nuovo, ma sempre più allarmante che Confagricoltura torna a denunciare con forza, considerati i pesanti danni che provoca sui raccolti.
“Gli agricoltori non ne possono più – dice Roberto Abellonio, direttore di Confagricoltura Cuneo -. Sono anni che denunciamo danni da fauna selvatica, ma questa situazione di forte disagio non ha portato a nessuna misura concreta. È arrivato il momento che enti e istituzioni si assumano delle responsabilità, con dati alla mano evidenti e prendano provvedimenti per tutelare chi con fatica e caparbietà lavora per garantire un reddito alla propria famiglia e se lo vede compromesso nel giro di qualche notte. Se nell’immaginario collettivo un capriolo o un piccolo di cinghiale può suscitare tenerezza, per coloro che vivono di agricoltura il loro proliferare incontrastato rappresenta invece un danno immane alle colture – continua il Abellonio -. Ciò che preoccupa, infatti, è il numero di esemplari di fauna selvatica ormai completamente fuori controllo e in continuo aumento. Se questa situazione non cambierà, pur non condividendolo, saranno sempre più numerosi i casi di chi, esasperato dai continui danni, si organizzerà per tutelarsi in maniera autonoma. Il tergiversare senza prendere decisioni su argomenti di tale importanza per l’economia agricola, e non solo, amplifica ancora di più il peso dei danni. Ecco perché sono necessarie soluzioni concrete e forti a sostegno del territorio, da ricercare con la collaborazione di tutti gli attori coinvolti”.
“I cinghiali, ad esempio, riescono ad aprire le nocciole con i denti e lasciano sul terreno solo cumuli di gusci vuoti – aggiunge Antonio Marino tecnico dell’associazione provinciale -; inoltre, dopo il loro passaggio, i produttori devono rispristinare il terreno scavato dalla loro furia, con notevole impiego di tempo e risorse. Purtroppo siamo arrivati al punto che le aziende, scoraggiate dai tempi della burocrazia e dalle esigue proposte di risarcimento, non denunciano neppure più i danni; ma non per questo non esistono, anzi sono in deciso aumento. Senza contare i costi tutt’altro che modici per sistemi di difesa che non riescono tuttavia ad alleviare le perdite di prodotto”.