E’ molto più di un manuale di corilicoltura, è un atto di amore verso la sua terra, i monti Nebrodi, e verso la nocciola il libro scritto da Sebastiano Musarra, intitolato “L’oro dei Nebrodi”, dato recentemente alle stampe dall’editore “La Vela” di Viareggio.
Per l’Autore la nocciola dei Nebrodi acquista un significato che va ben aldilà dell’eccellenza del territorio, che pure la stessa rappresenta, per divenire il filo rosso attorno cui si dipanano i ricordi dell’infanzia, a cui non a caso è dedicato il primo capitolo del volume. Questo frutto inoltre costituisce un elemento fondante della cultura popolare locale, che ancora oggi si esprime nelle feste e nelle sagre.
Inevitabile quindi che Musarra si rivolga a quanti hanno qualche responsabilità dell’attuale situazione in cui si trova quella corilicoltura, agricoltori, tecnici, politici, affinchè prendano i necessari provvedimenti per risollevarla e riportarla agli antichi splendori. A maggior ragione in questo momento storico in cui l’accresciuto interesse dei mercati per la nocciola sembrerebbe porre le premesse per renderne redditizia la coltivazione, soprattutto laddove c’è un legame con il territorio.
Da parte sua l’Autore, dopo aver analizzato le criticità attuali del comparto, avanza una serie di proposte concrete per il loro superamento ed illustra le prospettive future anche per quanto concerne il mercato, la trasformazione industriale e gli impieghi alimentari.
La redazione di NocciolaRe auspica che questo volume possa veramente concorrere alla rinascita della corilicoltura siciliana e coglie l’occasione di questa uscita per porre alcune domande all’autore.
Intanto ci complimentiamo con lei per questo lavoro frutto della sua passione per il nocciolo, evidentemente legata a quella per la sua terra: ci può raccontare come è nata?
La passione per questa meravigliosa coltura inizia nel corso della mia infanzia quando, all’età di 3-4 anni, accompagnavo la mia mamma nel faticoso lavoro della raccolta delle nocciole. In seguito, la mia costante partecipazione alle attività agricole, che si eseguivano nel noccioleto del nonno, ha rafforzato il mio interesse per la corilicoltura e l’agricoltura in genere; interesse che mi ha portato a scegliere scolasticamente gli studi di Agraria. Parallelamente, l’amore per l’agricoltura ha generato in me un forte legame con il territorio, che però non ho potuto concretare pienamente, poiché il mio lavoro di docente ha comportato il mio trasferimento in un’altra bellissima terra, la Liguria.
Da qui immaginiamo l’idea di scrivere il libro: cosa si è proposto con questo lavoro?
L’idea di scrivere il libro scaturisce dalla constatazione dello stato di progressivo abbandono in cui versa la coltivazione del nocciolo nel territorio nebroideo e, nel mio paese, in particolare. L’intento è di riuscire a sensibilizzare gli sfiduciati corilicoltori che, pervasi da un deleterio sentimento di sconforto e rassegnazione, sostengono che non è più conveniente coltivare il nocciolo. Questo mio lavoro intende, quindi, contrastare questo diffuso scetticismo e infondere loro fiducia affinché, questa tradizionale coltivazione, che tanto benessere ha donato in passato, alla popolazione dei paesi corilicoli del territorio, non sia abbandonata. Il libro è, inoltre, un saggio-denuncia nei confronti del decisore politico, con l’obiettivo di sollecitare gli organi amministrativi regionali a programmare con urgenza, gli interventi necessari a sostegno di tutta la filiera corilicola, garantendone così la ripresa.
Quanto è importante a suo avviso il legame tra la corilicoltura e il territorio e come questo legame può contribuire ad incrementarne la redditività?
Il territorio dei Nebrodi costituisce la più importante area verde di tutta la Sicilia. L’istituzione nel 1993 del Parco Naturale dei Nebrodi ne garantisce la sua tutela. Dei suoi circa 90.000 ettari di superficie, circa 12-15 mila sono occupati da noccioleti. In questo contesto la coltura del nocciolo svolge molteplici funzioni: dalla paesaggistico-naturalistica, alla protettiva nei confronti dei dissesti idrogeologici, a quella produttiva di frutta in guscio. Tutte queste funzioni sono autonomamente generatrici di reddito, reale o “virtuale”. Lo stretto legame corilicoltura-territorio, costituisce, inoltre, un sicuro volano per incrementare la redditività dei produttori nocciolicoli nebroidei. Infatti, mettendo in atto specifiche azioni finalizzate alla valorizzazione di tutta la filiera corilicola, si avrebbe sicuramente un miglioramento economico. Una di queste azioni potrebbe essere l’incentivazione, di una sorta di turismo “nocciolicolo” esperienziale, legato alle tradizioni del territorio.
Ci risulta che Michele Ferrero fosse un grande estimatore della nocciola siciliana per le sue caratteristiche organolettiche: come valorizzare questo potenziale apparentemente inespresso?
Le caratteristiche organolettiche della nocciola siciliana, al pari delle altre nocciole italiane, sono senz’altro ottime. Alla sua riconosciuta bontà, non corrisponde, purtroppo, la giusta valorizzazione. Il motivo di questa mancata o inespressa valorizzazione è imputabile, a mio giudizio, a diversi fattori quali: le scarse cure colturali che sono praticate al noccioleto, i consistenti attacchi parassitari da parte delle diverse cimici, il mancato ringiovanimento degli impianti, la carente standardizzazione varietale che, se da un lato è preziosa per garantire la specifica biodiversità, dall’altro lato dà un prodotto disomogeneo poco apprezzato dai trasformatori e infine, la mancanza di uno specifico marchio di qualità. Tutti questi fattori incidono negativamente sul valore commerciale del prodotto.
Quali azioni in concreto si potrebbero intraprendere per interessare maggiormente gli agricoltori siciliani alla coltivazione del nocciolo?
Per evitare che si arrivi al totale abbandono del noccioleto, occorre predisporre (prima che sia troppo tardi!), un piano straordinario d’interventi di “lungo respiro”, in pratica di durata pluriennale (almeno 3-5 anni), con l’obiettivo di affrontare in modo organico le problematiche che affliggono gli attuali impianti nocciolicoli. Il piano dovrebbe distinguere, innanzitutto, il noccioleto che svolge un ruolo protettivo da quello a funzione produttiva. Per quello produttivo sono da predisporre piani di miglioramento agronomici volti a facilitare il ripristino delle normali cure colturali, l’introduzione dove è possibile di interventi meccanizzati e procedere all’estirpazione e al reimpianto dei vecchi noccioleti. Inoltre, è importante nel territorio favorire la costituzione di associazioni di produttori e la creazione d’impianti di lavorazione e trasformazione delle nocciole. Tutto ciò può essere reso possibile solo dal sostegno economico dell’Ente pubblico di riferimento.
Un’ultima domanda su un aspetto che vediamo strategico per il futuro della corilicoltura e non solo: i giovani e il loro ritorno all’agricoltura. La coltivazione del nocciolo in Sicilia potrebbe rappresentare un richiamo per loro?
Questo, purtroppo, costituisce il più grande problema con cui il territorio in esame avrà a che fare nei prossimi anni. In tutto il territorio nebroideo, il calo demografico è preoccupante, perché molto elevato e in progressivo aumento. Lo spopolamento in atto nei numerosi borghi collinari e montani comporta di conseguenza il mancato ricambio generazionale nello svolgimento delle attività tipiche del territorio. L’agricoltura, e la nocciolicoltura in particolare, sono il settore che più risente di questo fenomeno. Sono proprio i giovani che, generalmente, lasciano il territorio alla ricerca di un lavoro in altri luoghi, anche lontani dal territorio d’origine. Questo comporta una senilizzazione nel settore agricolo, sempre più spinta che via via porta all’abbandono delle attività agricole. Per contrastare questa triste realtà, occorre mettere in atto delle azioni che possano invogliare i giovani a intraprendere e/o proseguire l’attività agricola dei loro genitori. Per questo, è necessario avvicinare, già dalla prima fase di scolarizzazione i giovani del territorio al mondo agricolo che li circonda, e sperare di suscitare in loro un interesse per l’agricoltura. Dal punto di vista economico, però, si devono creare le condizioni per garantire loro un adeguato reddito.
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Pubblicato 07-11-2020